Sarebbero venti gli indagati per il crollo di ponte Morandi che il 14 agosto scorso ha causato 43 morti a Genova. Ci sono anche Autostrade per l'Italia (in qualità di persona giuridica), i tecnici della Spea (società del gruppo Atlantia) e quelli del Ministero delle Infrastrutture. Le accuse contestate sono a vario titolo di disastro colposo, omicidio colpo stradale plurimo e omicidio colposo aggravato dalle violazioni delle norme anti infortunistiche.
Il procuratore capo di Genova, Francesco Cozzi, confermando la notizia, ha anche annunciato che «a breve chiederemo l'incidente probatorio. L'iscrizione viene fatta proprio contestualmente per la necessità di effettuare un atto garantito». Cozzi non ha escluso che la lista potrebbe allungarsi «qualora emergessero ulteriori profili dalla prosecuzione delle indagini. Questo verrà valutato, anche eventualmente in corso di incidente probatorio come prevede il Codice».
Intanto il premier Giuseppe Conte da Ischia assicura che «non faremo sconti a un concessionario dopo una simile tragedia. Non posso dire oggi che si va verso la nazionalizzazione. A noi interessa tutelare a pieno il patrimonio dello Stato e avere massime garanzie di tutela di incolumità dei cittadini. Se questo avverrà attraverso la nazionalizzazione o una nuova gara con condizioni contrattuali, completamente diverse, lo vedremo».
Giovanni Toti, presidente della Regione Liguria, precisa invece di aver chiesto al governo italiano di non revocare la concessione: «Credo che non sia utile a Genova, alla Liguria e a tutto il Paese. Credo sia giusto rivedere il sistema delle concessioni e che se ne discuta in Parlamento ma ho chiesto che tutto questo non rallenti la ricostruzione di Genova che non serve solo alla città di Genova e alla Liguria ma a tutto il Paese».
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