Giovanni Palumbo, detto Giògiò, era uno dei personaggi più noti a Torre Annunziata.
Fisico possente, atleta nel cuore, nella testa e nelle gambe, al suo passaggio podistico per il corso cittadino di Torre Annunziata attirava su di sé sguardi di ammirazione per quello stile deciso che alternava con eleganza e possenza.
La sua corsa sembrava cadenzata, in simbiosi con la folta chioma riccioluta, assemblata con baffi e barba in una specie di tutt’uno in un corpo perfetto, senza sbavature.
Nel percorso giornaliero passava tra mille ostacoli, con semplicità e naturalezza, come se fosse completamente solo sulla strada, quasi come stesse volando sulla corsia di una pista di atletica, una vera pista, quella che non è mai esistita in questa città.
Tutti, ma proprio tutti, avevano uno sguardo, un pensiero, una parola detta al volo, da sussurrargli, sperando forse di rubare un briciolo di passione, di forza, che sprigionava dall'animo di quel meraviglioso ragazzo.
Lui, con quel pantaloncino corto bianco e la canottiera, scarpe di atletica, e tanto, tanto cuore.
In quegli anni Novanta “Giògiò” era il volto pulito di Torre. Corsa, ciclismo, istruttore di body building nella palestra che rivoluzionò il modo di fare sport nella testa e nel fisico dei torresi, l'Athletic Phisical Club. E poi, la canoa.
Non c'erano stagioni che potessero impedirgli di praticarla, non esistevano per lui inverni che gli impedissero di portarsi in mare.
Il 24 gennaio del 1995, il destino si compì.
Un allenamento in canoa con un suo amico portò alla tragica conclusione della vita del “gigante buono”, davanti allo specchio di mare del “Santo Lucia”, ripieno di onde anomale che si erano date appuntamento per la tempesta perfetta.
Il suo compagno di escursione, dopo che si era rovesciata la canoa, riuscì a salvarsi grazie alla corda lanciatagli da Giògiò.
Mentre l'amico, faticosamente e miracolosamente, ritornava sugli scogli, un'altra onda maledetta fece rovesciare Giògiò nelle gelide acque. Accadde tutto in un minuto.
Passarono diversi giorni prima che il suo corpo fosse ritrovato e restituito dall'infame mare ai suoi familiari. Distrutto papà Umberto, titolare del "Bar Palumbo".
Al funerale parteciparono diverse migliaia di amici, conoscenti, gente comune, tante persone che, conoscendolo appena, avevano avuto la fortuna di beneficiare, anche se solo per qualche istante, dell’energia positiva di Giògiò durante un suo passaggio di corsa. Giògiò aveva solo 35 anni.