A cura della Redazione
Unalternativa al Grande Progetto fiume Sarno. Il comitato No alla seconda foce ha consegnato al sindaco di Torre Annunziata, Giosuè Starita, un documento tecnico firmato da tutti i suoi membri e da ingegneri ambientalisti nel quale vengono esposte le perplessità circa lopera di riassetto idrogeologico prevista nel progetto finanziato con oltre 200 milioni di euro dalla Comunità Europea, e che vede coinvolti la Regione Campania e lArcadis (lagenzia regionale per la difesa del suolo). Nel contempo, la relazione, firmata dalling. Gianni DAmato, contiene le alternative alle soluzioni prospettate dai tecnici incaricati dalla Regione, che contemplano interventi meno invasivi sul territorio e tesi a salvaguardare lecosistema del fiume.
Per comprenderne il contenuto, occorre però spiegare cosa in sostanza prevede il Grande Progetto. Si tratta di una mega opera di riassetto idrogeologico (e non di disinquinamento) che coinvolge 38 Comuni delle province di Avellino, Salerno e Napoli. Particolarmente significativi sono gli interventi relativi a Torre Annunziata (oltre 55 milioni di euro), dove, in prossimità delle cosiddette sette scogliere in zona Rovigliano, verrebbe realizzata la seconda foce (tanto osteggiata dal Comitato e dagli attivisti del MoVimento 5 Stelle) insieme alladeguamento del canale Bottaro. Previste, inoltre, le realizzazioni di un parco acquatico, campi di calcetto e di tennis ed un parcheggio. Nascerà, quindi, in riva al mare, un grande parco attrezzato, con alberi, panchine e strutture ricettive.
Perché il Comitato, che raggruppa principalmente cittadini residenti a Rovigliano, osteggia questo progetto? Le obiezioni sono fondamentalmente inerenti a due tipologie di aspetti. Il primo: lelevata concentrazione di inquinanti nel fiume; il secondo: lattuale assetto idrogeologico. Secondo gli attivisti del Comitato, il Grande Progetto non risolverebbe nessuna di queste problematiche. «Il Grande Progetto - spiega ling. DAmato - è del tutto sbilanciato sul solo aspetto idraulico e funzionale, con un rischio addirittura distruttivo ed irreversibile. Si rischia di sperperare le ultime risorse ancora disponibili che, invece, potrebbero consentire utilizzazioni più utili e risposte ambientali adeguate. Una seconda foce finirebbe solo per inquinare unaltra parte di territorio e creare problemi di interramento alla foce attuale. Inoltre, non si risolverebbe neanche il problema del bilancio idraulico». Secondo lesperto, oggi, in regime asciutto, nel Sarno confluiscono proprio le acque più cariche di inquinanti (in particolare quelle provenienti dal fiume Solofrana a causa delle industrie conciarie). «Tantè vero - sottolinea DAmato - che fino a valle, a partire dalla confluenza dellalveo comune nocerino, il fiume è biologicamente morto». Ed è proprio qui che è concentrato lelevato tasso di inquinamento che, lo ricordiamo, deriva soprattutto dalla presenza di metalli pesanti, estremamente tossici, estranei allambiente. Per DAmato, «basta invertire il ruolo dello sfioro nellalveo comune e consentire lo sfioro nel Sarno solo alle portate (eccezionali) eccedenti che, essendo quindi molto diluite, sono anche le meno pericolose dal punto di vista ambientale».
Altra questione afferisce al canale Bottaro. Anche in questo caso, il Comitato manifesta le sue perplessità. Nel Grande Progetto, il canale Bottaro dovrebbe funzionare da sfogo dellalveo principale del Sarno, che non è sufficiente di per sè a convogliare in sicurezza lintera portata critica del fiume, circa 100 mc/sec.. Aspetto, questultimo, che determina i continui straripamenti nelle campagne e nei Comuni situati lungo il suo percorso. A maggior ragione, «non si può pretendere che il canale Bottaro - argomenta DAmato -, nato nel 1600 per alimentare i molini del Conte Bottaro, possa risolvere il problema collettando la differenza che il Sarno non riesce a portare. Inoltre, il canale Bottaro è una risorsa strategica e condizionata dalla assai probabile presenza di reperti archeologici, come il porto interno ed i cantieri navali dove si allestivano le navi nellantica Pompei».
La soluzione, dunque, sta nel ripristino dello Stagnone, lantica foce del fiume Sarno. «E necessario che lintero sistema fluviale conservi le qualità e le portate delle acque, dalle sorgenti fino alla foce del mare. E lantica foce (in età medioevale), infatti (e non a caso), si sviluppava attraverso larea umida dello Stagnone, dove si slargava, e le acque dolci si mescolavano a quelle salate creando un ambiente palustre più che favorevole allo sviluppo di un gran numero di specie. Ciò si può fare facilmente proprio grazie alla pensilità del canale Bottaro, che in effetti potrebbe difendere acque sorgentizie di buona qualità da qualsiasi immissione inquinante in modo naturale. Infatti lalveo, essendo pensile e quindi protetto da argini, si trova a quota superiore al piano di campagna circostante e non può ricevere reflui, i quali, necessariamente, passano in cunette e fogne sotto lalveo stesso e si dirigono verso il vicino Sarno che, invece, non è pensile ma scavato profondamente in trincea». Una soluzione che avrebbe come effetto positivo il recupero ambientale dello Stagnone, trasformato oggi in una discarica abusiva, e del litorale torrese-stabiese, incluso lo scoglio di Rovigliano. Altra opzione, da aggiungersi a quella su esposta, è quella di realizzare le vasche di laminazione nella zona che archeologicamente è molto interessante. In questo modo, «si soddisfa lesigenza idraulica con una vasca regolatrice delle portate eccezionali, e, contestualmente, si fa uno scavo che promette di essere molto interessante, con laspettativa di ritrovare lantico porto e la zona dei cantieri navali», prosegue DAmato. Inoltre, ciò consentirebbe, data la pulizia delle acque, di rendere navigabile il basso corso del fiume Sarno, con ricadute positive per il turismo. DAmato spiega, poi, come sia impensabile avviare ulteriori cementificazioni degli argini, a partire dalla realizzazione delle piste ciclabili. «Queste - afferma - distruggono infatti chilometri di argine naturale, mentre è assolutamente più corretto e accettabile realizzare qualche punto di osservazione particolarmente interessante, accessibile solo a piedi e in modo controllato».
Per il Comitato, realizzare una seconda foce per deviare le acque del fiume Sarno, significherebbe intaccarne la portata e, conseguentemente, non sarebbe più sufficiente lenergia per spingere le acque in mare. «Le conseguenze - conclude DAmato - sarebbero ancora più disastrose».
DOMENICO GAGLIARDI
dal settimanale TorreSette del 24 gennaio 2014