Sono amico del sindaco, l’ho sostenuto da prima che il suo nome venisse avanzato pubblicamente, lui lo sa e mi sembra che ricambi il medesimo sentimento. Del resto lo conosco, essendo di venticinque anni più anziano di lui e socialista come suo padre, da quando era ragazzino, però a mio avviso l’amicizia non è adulazione e anche per me stesso preferisco chi mi critica per farmi essere migliore a chi mi si mostrasse scioccamente servile.

Con le persone a cui tengo mi comporto allo stesso modo, pertanto sarò sempre al suo fianco, grato verso chi si è assunto il peso di guidare la città in un momento difficile, però (come gli dissi alla prima manifestazione della sua campagna elettorale) mai coi paraocchi o muto.

Vengo perciò a qualche domanda: non nego che abbiamo bisogno di esempi di moralità civile e che la vicesindaca lo sia. Poi però mi si dovrebbe dimostrare che avere avuto un ingiusto, grande dolore (atroce e che rispetto: ero con mia moglie alla manifestazione silenziosa, convocata attraverso un tam tam spontaneo sul web,  che si tenne nel larghetto della tragedia uno o due giorni dopo) attribuisca automaticamente la competenza a contrastare con misure ben calibrate la parte di cittadinanza – minoritaria numericamente, ma che fa rumore – che tiene comportamenti e alimenta interessi camorristici, cioè renda idonei a provvedere alla sicurezza e alla rigenerazione urbana, che è appunto la sua delega.

Nella intervista molto dignitosa e bene intenzionata che di lei ho letto richiama misure come quelle che io stesso suggerii al precedente sindaco (per dire che non bisogna essere scienziati e tecnici del ramo per immaginarle: io appunto non lo sono), ossia aumentare il numero di videocamere di sorveglianza, ma lui rispondeva sempre che non c’erano soldi.  Esasperato, pur non essendo Paperon de’ Paperoni, gli proposi di acquistarne a mie spese e donare al Comune, per il mio problematico quartiere della Provolera, tre o quattro finte, ma con molte lucine, da collocare in alto sui muri. Ovviamente non avrebbero registrato nulla, ma la loro vista avrebbe forse potuto essere deterrente.

Non se ne fece nulla, perché le avrei ordinate a mezzo Internet, però come me ci navigano anche i malintenzionati, che avrebbero mangiato la foglia.

Sulle cose importanti, insomma, non bastano buona volontà e le migliori intenzioni. Forse (lo dico alle associazioni del territorio) i simboli trovano collocazione più naturale nell’assemblea rappresentativa. Rita Levi Montalcini, Liliana Segre, Elena Cattaneo sono figure altamente simboliche, ma stanno in Senato, non al Governo, perché un esecutivo – a tutti i livelli – richiede piuttosto competenze specifiche, per interagire con l’apparato amministrativo, dirigerlo e all’occorrenza sorvegliarlo.

Chi voleva rendere omaggio alla signora Sorrentino meglio avrebbe fatto a spendersi con maggiore impegno e convinzione per portarla in consiglio comunale.

Detto questo, buon lavoro a Cuccurullo e alla sua giunta. Ascolti tutti e comunichi con puntualità e grande frequenza quanto si viene facendo (un’altra pecca dell’amministrazione sciolta l’averlo fatto poco e male), ma vada avanti col suo programma senza farsi condizionare da qualche Savonarola che pretende di avere il monopolio della moralità civile e di dettarne il decalogo (o meglio l’eptalogo), ma nemmeno da notabili napoletani di partito che vogliano imporre dall’esterno persone e decisioni, perché i precedenti non depongono per il meglio.

E infine neanche si faccia fuorviare da vecchi professori in pensione e con parecchio tempo libero da riempire a pensare, forse i consiglieri peggiori (qui sono autoironico, perché parlo di me stesso prima che me lo facciano notare altri). Questa città non chiede altro che si rendano concrete e visibili le speranze di buon futuro che la sua elezione ha alimentato.