Un film altamente spettacolare, almeno per l'epoca in cui vide la luce, fu senza dubbio "La Bibbia", prodotto dal Paperone del cinema mondiale dello scorso secolo, il nostro torrese Dino De Laurentiis.
Dino spese diciotto milioni di dollari per affidare nelle mani del regista John Huston un cast altamente selezionato e sostenere, inoltre, l'incredibile scenografia che permise a questo film di raggiungere un grande successo di pubblico. Il film, inoltre, durava tre ore ininterrotte.
Era il 28 settembre del 1966 quando venne proiettata la prima negli Stati Uniti mentre in Italia la proiezione avvenne il 10 ottobre nella magnificenza del Teatro San Carlo, strapieno all'inverosimile.
Naturalmente il pubblico fu entusiasta, fra l'altro vennero anche incassati dieci milioni di vecchie lire tra le personalità presenti del mondo dello spettacolo e politico che vennero devolute in beneficenza alla Croce Rossa.
Ma quale è la curiosità, la particolarità, che abbiamo ritrovato e che vogliamo raccontarvi di questa storia?
Per farlo dobbiamo ritornare alla composizione della squadra che si occupava delle scenografie. Dino scelse l'eccellenza tra gli artisti italiani del momento e tra Carlo Rambaldi, Giacomo Manzù, Corrado Cagli, si avvalse anche del lavoro di uno scultore molto in voga in quegli anni, Mirko Basaldella. A Mirko venne affidato il compito di ideare il panorama alle pendici dell'Etna per le scene di Abramo e Isacco tra le rovine della città di Sodoma. Le scene si svolsero a Taormina e durarono circa un mese.
Tutte le idee di questi artisti vennero tradotte in realtà scenografiche dall'uomo di fiducia di Dino, Mario Chiari.
Chi era Mirko Basaldella? E cosa aveva in comune con Dino De Laurentiis?
Mirko nacque nel 1910 a Udine, primo di tre fratelli che divennero degli artisti di fama mondiale nel campo scultoreo e della pittura. Strana storia quella dei Basaldella. Leo Basaldella, padre dei tre piccoli, essendo un abile disegnatore venne richiamato alle armi nel 1914, impiegato negli uffici tecnici dei comandi. Troppo bravo per lasciarlo con la famiglia, allora venne chiamato in guerra per preparare le carte topografiche al servizio dell’esercito. Passarono gli anni e con la disfatta di Caporetto migliaia di persone furono costrette a scappare.
Alla moglie Virginia assegnarono una casa dove rifugiare coi piccoli in attesa della fine della guerra, lontano da quei luoghi pericolosi dove si combatte e si muore per la Patria. La scelta ricadde proprio su Torre Annunziata.
I tre piccoli Basaldella vissero la loro infanzia nella nostra città, dove conobbero un ambiente diverso dal loro luogo di nascita. Restarono per altri due anni a Torre.
Virginia fece ritorno a Udine, sempre nella speranza di riabbracciare il marito, ma la tragica notizia della sua morte, dovuta alla febbre "spagnola" nel 1918, spense le illusioni e le speranze della giovane donna. Virginia non si perse di coraggio e i pochi soldi rimasti vennero investiti in un negozio di frutta e verdura.
Grandi furono i sacrifici cui fece per mandare i ragazzi in collegio a studiare, ma Virginia fu presto rivitalizzata dai successi dei suoi tre giovanotti che iniziarono ad affermarsi nel campo artistico ai più alti livelli, fino al raggiungimento di fama e onore.
Ritorniamo agli anni Sessanta, al progetto di Dino e alla scelta di quelli che sarebbero stati gli artefici di questo grandioso spettacolo. Nell'incontro tra Dino De Laurentiis e Mirko Basaldella si doveva parlare delle scene da preparare, dei macchinari da impiegare, delle spese da affrontare, del compenso di Mirko...
Inevitabilmente, tra Dino e Mirko, negli uffici di Cinecittà, si parlò anche di Torre Annunziata...
Anche se rimasero solo per un paio di anni nella nostra città, ci piace collegare il nome dei Basaldella a Torre Annunziata, ricordandoli come se fossero dei figli adottivi.
E crediamo che la dolcezza del clima e l'odore del mare seppero iniettare forza e vitalità nell'animo di questa famiglia che dolorosamente venne strappata dal suo luogo natio e tragicamente colpita, con la morte del capofamiglia Leo Basaldella, al momento del ritorno alla loro terra d’origine.