A cura della Redazione
Teatro significa vivere sul serio quello che gli altri, nella vita, recitano male. Laforisma adottato dalla compagnia Oplontis di Torre Annunziata ha per autore il sontuoso Eduardo De Filippo. La frase chiude la brochure dinvito dellultimo lavoro del sodalizio. E racchiude, nel contempo, lessenza di un testo dai toni delicati e sarcastici: Arezzo 29
in tre minuti. La commedia, scritta da Olimpia e Gaetano Di Maio, è stata realizzata nello stile oramai classico della compagnia torrese, senza concessioni eccessive a personalismi interpretativi né ai cosiddetti liberi adattamenti ai quali, peraltro, il lavoro si potrebbe prestare. La sapiente regia di Beniamino Bisogno ha lasciato intatte tutte le sfumature del testo, soprattutto quelle più sobrie quando vengono toccati i temi, se vogliamo, drammatici della maternità a tutti i costi e del mercato nero dei bambini. La vicenda non è priva di spunti comici che rendono gradevole e scorrevole lo spettacolo attraverso il ricorso al tipico equivoco teatrale napoletano, elemento fondamentale della produzione di unintera generazione di commediografi partenopei. LOplontis conferma uno standard realizzativo di apprezzabile livello in cui lincalzare degli eventi viene rimarcato da interpretazioni mai invadenti o inconsapevolmente emulative. Da sottolineare la performance di Leopoldo Speranza, molto a suo agio nei panni del protagonista, Salvatore il tassista, ma sorprende, questa volta, lautentico exploit di Stefania Lamberti alle prese con il personaggio di Vincenza, moglie del tassista, del quale trasmette in maniera efficace e persuasiva tutte le sfaccettature del complesso temperamento. Un matrimonio il loro caratterizzato da un grande vuoto esistenziale: la mancanza di un figlio. Una lacuna affettiva che, complice anche il tradimento di Salvatore, diventa quasi letale per lequilibrio del rapporto coniugale. Un bambino comprato risolve la crisi, ma induce a riflessioni molto serie. Labilità sostanziale di tutti gli attori della compagnia, indistintamente, è stata quella di sovrapporre toni farseschi e seriosi senza perturbare più di tanto larmonia narrativa della storia. Una sorta di chiaro-scuro artistico che non sempre viene trasferito con i toni adeguati alla platea. Unoperazione, invece, perfettamente riuscita al team teatrale torrese come ha sottolineato il numeroso pubblico del Di Costanzo-Mattiello di Pompei che ha applaudito con convinzione al termine delle due repliche programmate.
Da evidenziare, infine, i risvolti sociali dellattività teatrale amatoriale della compagnia Oplontis. Lintero incasso degli spettacoli è stato devoluto allAssociazione Italiana Ricerca Cancro.
GIUSEPPE CHERVINO
(Dal settimanale TorreSette del 12 novembre 2010)
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