A cura della Redazione

Una storia di rapina e violenza sessuale che ha dell’incredibile per il coinvolgimento di frati di alcuni monasteri, tra cui la basilica di Sant’Antonio di Afragola.

I carabinieri della Stazione di Afragola hanno tratto in arresto sei persone gravemente indiziate di rapine aggravate in concorso e di violenza sessuale. Il provvedimento cautelare costituisce l’epilogo di un’articolata attività di indagine avviata nel mese di aprile di quest’anno a seguito di una denuncia sporta da due uomini residenti ad Afragola, vittime di una rapina commessa da due soggetti travisati e muniti di mazze e coltello, i quali, dopo aver fatto irruzione la loro abitazione sfondando la porta d’ingresso, si erano impossessati di un telefono cellulare è tentato invano di impossessarsi anche di un altro telefono dandosi poi alla fuga.

Le indagini svolte dai carabinieri della Stazione di Afragola, coordinate dalla Procura della Repubblica di Napoli Nord, consentivano di identificare in breve tempo gli autori materiali della rapina e di accertare sia i loro mandanti che il contesto in cui era maturata la rapina. Di acquisire, inoltre, granitici di riscontri alle dichiarazioni rese dalle vittime anche sulle violenze sessuali subite all’interno di alcuni monasteri tra i quali la Basilica di Sant’Antonio di Afragola, nonché di svelare il motivo per il quale i rapinatori avevano portato via esclusivamente il telefono cellulare, tralasciando altri oggetti e denaro pur presenti nell’abitazione delle vittime.

Dalle indagini emergeva chiaramente che la rapina era stata commessa per sottrarre alle due vittime telefoni in cui erano memorizzati immagini e chat a dir poco imbarazzanti che avrebbero potuto creare seri problemi ad alcuni frati dei monasteri in cui loro avevano lavorato.

Dalle operazioni delle intercettazioni emergeva che il mandato per compiere la rapina era stato dato dal parroco di Afragola che, rivolgendosi ad altri soggetti che avrebbero dovuto assoldare gli esecutori materiali, poi individuati negli odierni indagati tratti in arresto, avrebbero recuperato i telefoni cellulari in possesso delle vittime.

Nel corso dell’indagine, inoltre, veniva acquisito una lettera redatta dagli avvocati delle vittime della rapina e dirette ai frati superiori, con la quale nel sollecitare il pagamento delle somme relative alle prestazioni lavorative eseguite nei monasteri fino a quel momento non corrisposte, si faceva riferimento anche al rapporto sessuale subiti dalle vittime in cambio di assistenza di carattere sociale sociale e lavorativa, assicurando loro un impiego retribuito in ogni luogo di culto in cui i due frati torsi torna si trovavano a svolgere le proprie funzioni religiose.

Le indagini svolte successivamente anche attraverso il la dichiarazione di un altro frate a conoscenza delle violenze sessuali e del movente della rapina, confermavano la riconducibilità del mandato a commettere il grave fatto criminale ad un frate, tratto in arresto, che spinto dal forte timore di affrontare le conseguenze di una denuncia sporta dalle vittime delle violenze, supportate da hat, video e messaggi contenuti nella memoria dei telefonini cellulari in loro possesso, si è rivolto a due conoscenti per sottrarre i telefoni alle vittime.