“Le radici familiari e il nome di mio padre risalgono ad un suo progenitore di origine scozzese, Philip, che emigrò a Marsiglia, poi da lì gli Alison si trasferirono in penisola sorrentina. Mio nonno invece viveva a Torre Annunziata, dove nacque mio padre il 26 marzo del 1930”.

A parlare è Aurosa, unica figlia di Filippo Alison, famoso architetto torrese scomparso il 22 gennaio 2015, a circa 85 anni.

L'intervista alla figlia Aurosa

Mi tolga subito una curiosità Aurosa, il suo nome ha qualche legame con la vita di suo padre?

“Sì, lui amava ammirare a Torre Annunziata il sole prima dell’alba, e in particolare l’aurora che si tinge di rosa. Ecco perché mi dichiarò all’anagrafe come Aurorarosa anche se poi mi chiamava Aurosa”.

Poi si è sposato ed è nata lei...

“In verità io sono nata nel 1979, dieci anni prima del matrimonio di mio padre, che sposò a Venezia nel 1989 mia madre Maura Santoro, napoletana, anche se erano insieme dal 1973. Si innamorarono quando lei era una sua allieva alla facoltà di architettura a Napoli, nonostante avessero oltre vent’anni di differenza. Quando sono nata lui aveva 49 anni e lei 27”.

Gli Alison sono vissuti sempre in paesi costieri, c’è una spiegazione?

“Certo, il loro mestiere era quello di costruttori di vele per barche e quindi necessariamente dovevano abitare in città vicine al mare, anche se poi si è persa questa tradizione. Mio nonno Alfonso a Torre Annunziata faceva il fabbro e mia nonna Elena Cirillo la sarta. Ma è rimasta geneticamente nella nostra famiglia la manualità, ecco perché mio padre scelse di fare l’architetto”.

Lei aveva delle affinità con suo padre?

“Quando avevo 11-12 anni mi portava con lui a Milano e poi nell’azienda lombarda Cassina, specializzata in arredi d’interno, di cui era Art Director, e per la quale ha curato la collezione ‘I Maestri’ dal 1973 al 2010, con cui furono rieditati e distribuiti capolavori di Le CorbusierWrightMackintosh ed altri. Mi faceva visitare anche le botteghe, per farmi vedere i processi di produzione. Era molto affezionato a me e avevamo caratteri simili, ma io ho preferito laurearmi in filosofia. Non ha mai cercato di condizionarmi, anzi la sera prima di ogni esame lo ripeteva con me. Ora sono una ricercatrice in filosofia estetica all’Orientale di Napoli”.

La storia della famiglia Alison

Ci racconti un po’ la storia della sua famiglia a Torre Annunziata...

“Mio nonno era un convinto antifascista e non volle mai aderire al regime dittatoriale di Mussolini. Mio padre era il primogenito di cinque figli, molto legato ai fratelli, da ragazzo era un vero scugnizzo, vendeva sigarette americane, ma serviva anche messa come chierichetto - se ricordo bene - nel Santuario dello Spirito Santo (chiesa del Carmine). Gli piaceva studiare, infatti si diplomò all’istituto superiore Marconi e si laureò in architettura all’Università Federico II, anche se mia nonna voleva che facesse l’ingegnere, ma lui era bravissimo nel disegno, la sua passione”.

La carriera di suo padre è stata lunga e prestigiosa...

 “È vero, è stato professore emerito di Architettura degli Interni presso l’università Federico II. Per l’università di Salerno ha creato il design e l’arredo dell’Aula Magna e quello della hall delle residenze universitarie, inoltre il teatro che è stato intitolato a lui nel 2017. A Napoli hanno dato il suo nome alla sezione di Architettura di Interni del Dipartimento di Architettura in via Forno Vecchio e ha realizzato la Palazzina Rosa. Nella sua città natale, Torre Annunziata, è stato l’architetto di un palazzetto in via Gambardella e un altro in via Gino Alfani. Era un maestro del design a livello internazionale, è autore del libro 'L’artidesign. Il caso Sabattini', insieme al professore universitario Renato De Fusco, e altri sono stati scritti da lui e su di lui”.

(Nella foto, Filippo Alison e il suo archivio all'interno dell'Archivio di Stato di Napoli)

Mi sa dire altro su di lui?

“Ebbe una menzione speciale al Premio Compasso d’oro per un bollitore in argento, che chiamò Vesevo, e realizzò anche una caffettiera chiamata Filumena, prodotta dalla Sabattini Argenteria (foto sotto). Ristrutturò il Coro delle Clarisse di Santa Chiara a Napoli e dopo quel suo lavoro, lui che era ateo, ritrovò la fede”.

Aveva altre passioni?

“Sì, amava cucinare la minestra maritata per la nipote Stefania Di Mauro di Torre Annunziata e preparare la torta caprese. Il nipote Peppe gli portava a Napoli la pasta Setaro e il casatiello dolce; preferiva la musica jazz e le canzoni di Pino Daniele, era un fanatico della Topolino e della Cinquecento. Lui che era grosso di corporatura e ci stava stretto!”.

Ricorda qualche episodio riferito a suo padre che l’ha commossa?

“Sì, durante il periodo del Covid sono stata contattata dalla direttrice dell’Archivio di Stato di Napoli, la dottoressa Candida Carrino, e le abbiamo donato tutto l’archivio di mio padre. Inoltre in due cellette di quello che era un ex convento, sono state allestite due stanzette con l’arredo di mio padre, scrivania, sedia, lampade e suppellettili. Mia figlia Maura, nata due anni dopo la morte del nonno, lo ricorda dalle foto ma anche dalle panchine nella stazione della metro Chiaia, disegnate da lui e prodotte da Tonino Mainardi”.

Il 20 marzo lei sarà a Pompei, al teatro Di Costanzo Mattiello, per ricordare suo padre, invitata dalla Pro Loco Pompei Today....

“Sì, sarà un’occasione per parlare di lui nel decimo anniversario della sua scomparsa”.

(Nella foto in alto, Filippo Alison con la figlia Aurosa)