«Sono nato il 1° novembre 1950 giù all’Annunziata, nel palazzo D’Alagno. Mio padre Alfredo era un insegnante elementare e si dilettava a tradurre le favole di Fedro dal latino al napoletano. Mia madre era Raimonda Ferrari, detta Dina, casalinga».
A raccontarci la sua nascita e chi erano i suoi genitori è Felicio Angrisano, ammiraglio in pensione e nostro concittadino. «Porto il nome di mio zio, morto in combattimento durante la seconda guerra mondiale in Africa, nel 1941».
Così continua il racconto della sua vita Felicio Angrisano. «La mia è stata un’infanzia e adolescenza felice. Mi sono poi laureato in giurisprudenza e sono stato ammesso all’Accademia Navale di Livorno come sottotenente di vascello. Purtroppo mio padre non ha avuto il piacere di vedermi in divisa perché è morto pochi giorni dopo. Mia moglie, Annamaria Saracino, professoressa, è stata il faro della mia vita, perché mi ha seguito con amore e pazienza durante i miei quattordici trasferimenti in carriera, dandomi due splendidi figli, Alfredo, ora funzionario dell’Autorità Portuale di Savona, che mi ha dato la gioia di un nipotino che porta il mio nome, e Alessandro, medico odontoiatra».
L’ammiraglio è molto legato anche alla famiglia della moglie, tanto da raccontarmi il profondo legame affettivo che nutre per la suocera Carlotta Buonocore, torrese di 104 anni, che vive ora a Cava de’ Tirreni insieme alla figlia Pina e al genero Gianfranco, e che lui va a trovare spesso. «È la sorella di Vincenzo Buonocore, torrese anche lui - aggiunge -, vissuto fino a 103 anni e che due anni prima premiai come marinaio vivente più vecchio d’Italia».
Alla domanda su quale è stato il periodo della sua carriera che gli ha dato le prime grandi soddisfazioni, Felicio ricorda quando era capitano di corvetta a Brindisi: «Nel 1991 ci fu la cosiddetta “invasione degli albanesi”, addirittura 27 mila emigranti arrivati in tre giorni su carrette del mare fatiscenti ed io ero responsabile dei soccorsi in mare. E’ stato un momento molto formativo dal punto di vista professionale ma soprattutto umano».
L'episodio tragico del 3 ottobre 2013
Ma questo fatto richiama alla sua mente un altro episodio tragico, il naufragio di un peschereccio con a bordo migranti africani a Lampedusa il 3 ottobre 2013. «Ero ammiraglio e comandante generale del Corpo delle Capitanerie di Porto. Partecipavo a Genova al Salone Nautico e subito presi l’aereo per raggiungere l’isola, purtroppo ne annegarono o morirono bruciati 383 e ne salvammo solo 170».
Ma la vicenda che ha ferito più profondamente il suo animo, sconvolgendo la sua vita di militare è accaduta il 7 maggio 2013. «Ero comandante del porto di Genova e direttore marittimo della Liguria per l’ultimo giorno, perché il giorno dopo avrei dovuto raggiungere una nuova sede. Alle 23 di sera, per un errore di manovra, una nave urtò il molo e fece precipitare la torre di controllo, causando la morte di sei marinai sui dieci che vi erano dentro. Ero molto legato ai miei ragazzi, con i quali giocavo anche a calcio, e quel dramma ebbe anche un riflesso sulla mia vita. Dovetti subire un processo e caso strano del destino sono stato prosciolto in Cassazione proprio il giorno 7 maggio, del 2024, dichiarato estraneo ai fatti».
Poi il legame per la sua città natale: «Sono stato sempre innamorato di Torre Annunziata, dove ho voluto conservare la residenza, e dove ho vissuto fino al 1983, per ritornarci solo per un anno nel 1999 e infine nel 2015, quando sono andato in pensione».
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Ora Felicio Angrisano abita in via Vittorio Veneto e ricorda con commozione due incontri bellissimi. Infatti mi mostra le foto di lui con Papa Francesco e con il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. «Due personalità di una grandezza morale e di una profonda umanità e saggezza che mi hanno regalato un’emozione unica che conserverò per tutto il resto della mia vita, soprattutto quando ho abbracciato il Papa».