«Abbiamo iniziato da lì, dal Rione Provolera che ha fatto battere il cuore a tutti noi. Da lì, dalla Storia per fare la Storia». E’ Anna Vitiello a spiegare il significato de “I cunti attuorno ‘a vrasera”, il primo evento del 2024 nell’ambito del progetto “Costruiamo gentilezza” che vedrà quest’anno le terre vesuviane, e la stessa Torre Annunziata, impegnate nella prestigiosa funzione di “capitale nazionale”.
In tanti intorno al braciere sistemato al centro di un portone del rione Povolera, dunque, per raccontare ricordi e memorie. L’impatto visivo è semplicemente emozionante. La ricostruzione fedele di una semplice abitazione del secondo dopoguerra dove la famiglia si riuniva per riti quotidiani soprattutto conviviali in cui predominavano il dialogo, la relazione, il confronto. Oggetti antichi sapientemente distribuiti, simboli di luoghi vissuti con intensità e amore.
E proprio attuorno ‘a vrasera Eduardo Ammendola e Pasquale Cirillo hanno raccontato l’atmosfera di quell’epoca, i gesti, le storie, le curiosità, i particolari, i dettagli di un taglio di vita molto distante dal contemporaneo dove la comunicazione orale era ancora uno strumento principale e fondamentale di connessione.
Giovanna Negri, componente del gruppo folk “’O Pazziariello”, ha voluto poi sottoporre ai presenti il ricordo di mestieri totalmente cancellati dalla “letteratura” contemporanea come quello di suo padre, Luigi ‘o spasaro, un autentico artista nella produzione di contenitori di castagno destinati alla raccolta della pasta. Una delle innumerevoli attività di indotto che ruotavano attorno all’arte bianca di Torre Annunziata.
Il gruppo folk “’O Pazziariello” ha ricostruito l’atmosfera sonora con i canti che ispiravano le lavandaie per ritmare il proprio lavoro come “Jesce Sole”, che rappresenta forse l’invocazione in musica più celebre di sempre. Tutto ciò tra un cuzzutiello di pane farcito di fave preparato all’istante e la squisita soffritta offerti su una tavola con una tovaglia rigorosamente a scacchi.
L’evento non poteva non chiudersi con un altro rito dimenticato nel tempo che si celebra proprio il 17 gennaio: il tradizionale falò di Sant’Antonio, o meglio “’U fucarazzo di Sant’Antuono”, il celeberrimo santo che combatte il diavolo e che rappresenta il ritorno alla luce. Si chiude un anno con un falò, si brucia il passato, si risorge, si ricomincia dalla cenere, purificatrice e fertile. E’ l’auspicio del progetto “Costruiamo gentilezza”. E anche il nostro!