E’ venuto a mancare l’avvocato Felice Cacace, 93 anni, figura di spicco del foro di Torre Annunziata, nonché autentico riferimento culturale sul territorio. Insieme a Gaetano Fiorenza e Francesco Matrone con l’aiuto di un francescano, Padre Costantino, nel 1946 organizza i primi incontri di Scout a Torre Annunziata, ospiti del convento francescano di piazza Ernesto Cesaro. Gruppo scout che poi viene fondato ufficialmente nel 1949. Ha ricoperto, tra l’altro, anche il ruolo di assessore ai lavori pubblici del comune di Torre Annunziata nella prima giunta Cucolo a metà degli anni ’90.
Il direttore Giuseppe Chervino e la redazione di torresette.news si stringono attorno ai figli Lilly, Francesco, Luigi e alla moglie Ninà in questo momento di profondo dolore. I funerali si terranno domani 14 gennaio alle ore 8.45 nella chiesa di S. Teresa in piazza Ernesto Cesaro a Torre Annunziata.
Di seguito il ricordo che Biagio Soffitto, docente di materie letterarie, ha voluto dedicare a Felice Cacace.
A dispetto del quarto di secolo che ci separava, sufficiente da solo a legittimare una comprensibile distanza tra di noi, molte e importanti cose ci univano. Un mondo intero tramato di idealità, valori, visioni e impegno civile legava me e tutta la famiglia scoutistica torrese a Felice Cacace in un legame profondo e sincero, che annullava, nel segno dell’appartenenza e della militanza comuni, qualsiasi differenza generazionale.
In lui riconoscevamo, ad un tempo, il professionista affermato, il fratello maggiore, il padre affettuoso, l’avvocato e amico, carico di saggezza ed esperienza cui potersi rivolgere dandogli, con affettuosa reverenza, del tu. Tra i fondatori nell’immediato dopoguerra del gruppo scout cittadino, Felice ne ha costituito in tutti questi anni la testa pensante, lo spirito combattente, la memoria storica.
Ma sopra ogni cosa ha rappresentato l’esempio concreto di come quell’esperienza formativa lo avesse permeato di sé facendone, pur nella turbolenza dei dolori che la vita non gli ha risparmiato, un uomo appassionato, sensibile, mai indifferente agli altri e a questa città che molto amava.
Nel corso del nostro ultimo incontro nello studio di casa sua colsi, a dispetto di qualche condizionamento alla vista, un attivismo irrefrenabile, un’ammirevole volontà di avvertirsi ancora nel pieno flusso della vita perché sostenuto dalla fede, dall’amore della e per la famiglia, dalla volontà di guardare sempre avanti.
Parlammo dei molti libri che possedeva, degli scrittori che più amavamo, ma soprattutto mi raccontò dei ricordi che aveva di una città semidistrutta, ma ricca, pur nella disperazione, di una umanità e una voglia di riscatto che avvertiva oramai smarrite. Proprio per questa ragione aveva in mente di scrivere di quei ricordi, non certo per celebrare se stesso, ma per riaccendere attraverso la memoria del passato una piccola luce di speranza.
Questa la cifra che lo contraddistingueva, lo rendeva unico e immediatamente riconoscibile, come se idealmente avesse continuato a indossare ogni giorno il foulard da esploratore, fedele al detto che recita “semel scout, semper scout”, una volta scout, sempre scout.
Mi mancherai, ci mancherai tanto caro Felice, che ti sia lieve la terra, lo meriti davvero.