Ci resta un rimpianto che diventerà sicuramente rimorso: non aver creduto abbastanza alle visioni di Enzo Celone, l’artista del possibile, il genio del bene rifiutato dalla città che avrebbe voluto trasformata, il torrese che mille volte aveva ridisegnato nella propria testa e nei propri appunti skyline e futuro di Torre Annunziata senza che una mobilitazione popolare e spontanea si formasse per accelerare il cambiamento. Quante volte rileggeremo le sue parole, autoflagellandoci per non aver recuperato il cinema Moderno annettendolo alla casa comunale, oppure girovagando senza meta e senza pensieri tra binari e pensilina della stazione di Torre Città e ragionando sull’occasione perduta per non aver realizzato il museo archeologico.
Sarebbe stata la fine naturale di un percorso partito dai resti di Oplonti, la città che una generazione intera aveva eletto a simbolo della rinascita torrese. C’era anche Enzo Celone tra i ragazzi o ex ragazzi che bloccarono un cantiere di fronte agli stabilimenti balneari per ridare vita a tracce di presenze romane. La protesta riuscì a metà: il palazzo non fu mai costruito, ma neppure gli scavi archeologici sono mai iniziati. Erano i tempi dell’Ippocampo, il simbolo che Luigi Manzo adottò per fare del Lido Azzurro molto più di un luogo buono solo per i bagni di mare. A disegnare il cavalluccio marino fu proprio Enzo Celone, allora pubblicitario prima di cominciare il suo giro d’Italia. Soprattutto (ma non solo) in giro tra studi televisivi e ovunque il suo talento potesse essere apprezzato. Il centro di produzione Rai di Napoli, poi le trasmissioni culto come Canzonissima e Domenica In, la collaborazione con Boncompagni furono le tappe di una carriera da scenografo che non lo separò mai definitivamente da Torre che per molti di noi resta l’ombelico del mondo.
Quando decise di tornare, cadde nella tentazione di provarci, a cambiare faccia a una città che in quaranta anni e passa aveva negato le proprie radici. Accettò la scommessa, alla sua maniera: assessore al sogno, ma la sua fantasia andava lasciata libera e non costretta in una gabbia tappezzata di delibere e circolari ministeriali. Così non è stato e oggi che Enzo non c’è più, fermato prima che potesse completare l’ottantesimo giro nel gran premio della vita, già ne sentiamo la mancanza, un senso soffocante di assenza che avvicina tutti noi ai suoi figli, cresciuti (benissimo) coltivando le stesse visioni. Come Raffaella che avrebbe voluto dedicargli almeno la realizzazione di uno dei tanti progetti.
Resterà solo un rimpianto, un altro, che viaggerà sulle ali di una inarrivabile Paloma.
Grazie Enzo di averci insegnato almeno a sognare.
Enzo Celone è nato a Torre Annunziata nel 1937. Ha studiato all’Accademia delle Belle Arti di Roma (1959-1962) discutendo la tesi: “Scenografia e Urbanistica a Pompei”, e al Centro Sperimentale di Cinematografia (1963-1964).
Scenografo progettista, architetto d’interni, pittore, regista e autore, ha collaborato con: la Rai, Rai-Eri, Rai-Cinema, Eti, Coni, Fondazione Bordoni, Bnl, Alitalia, Fiat, Aziende di soggiorno (Napoli e Cava dei Tirreni), Cis di Nola, Ente per le Ville Vesuviane.
A 20 anni era designer d’interni, grafico pubblicitario e partecipò alle prime collettive di pittura; a 30 era lo scenografo di "Canzonissima" (“Partitissima”, edizione presentata da Alberto Lupo); a 40 è al Teatro Sistina con la compagnia Steni-Pandolfi-Noschese "Lo stivale dei miei stivali"; a 50 disegna il mare di "Domenica in..."; a 60 scrive la favola multimediale “Paloma” (un viaggio in musica tra mare e cielo alla ricerca dei simboli e dei suoni del XX secolo) che metterà in scena, nel giugno 2000 a Pompei, in occasione del Grande Giubileo; a 70 è nonno di cinque nipotini.
Ha ricoperto per un breve periodo, nel 2004, anche la carica di assessore alla Cultura ed ai Beni Ambientali del comune di Torre Annunziata, con l’allora sindaco Francesco Maria Cucolo.
Le esequie verranno celebrate questo pomeriggio (6 luglio) alle ore 16 presso la chiesa del Sacro Cuore in via XXIV Maggio.
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