A cura della Redazione
Nel corso della manifestazione svoltasi a dicembre per lintitolazione di una stele al giudice Giovanni Falcone al rione Penniniello, sotto una pioggia scrosciante, vengo avvicinato da un uomo che, dopo avermi chiesto da quale scuola provenissi, ha iniziato a raccontarmi la storia di suo fratello: Luigi Cafiero, brutalmente assassinato nellaprile del 1982. Lì per lì, a sentire quelle parole, sono rimasto sbalordito ma, soprattutto, sorpreso chiedendomi perché avesse scelto proprio me, tra un folto gruppo di giovani, per quello sfogo così intimo. Ho deciso di informarmi, anche perché, quel nome, mi era totalmente sconosciuto e credevo impensabile che potesse esservi un concittadino vittima di camorra di cui non avevo mai sentito parlare da nessuno. Eppure era così.
Il silenzio e loblìo hanno avvolto la storia di questo ragazzo che, appena ventenne, si è visto una pistola puntata in faccia e che in questo modo ha trovato la morte. Senza un perché; forse solo per una banale somiglianza. Luigi Cafiero frequentava lultimo anno del liceo scientifico cittadino, era orfano di padre e viveva con la madre e i fratelli, ultimo della famiglia. In quel lontano 82 aveva appena sostenuto e superato le prove di ammissione per arruolarsi tra i Sottufficiali dellArma dei Carabinieri e conosceva bene il maresciallo DAlessio, anche lui barbaramente ucciso in quegli anni, che lo aveva elogiato per le brillanti prove sostenute. Insomma, un giovane con le idee chiare sul proprio futuro, convinto delle proprie azioni. Poco prima dellomicidio, era tornato da un viaggio distruzione a Parigi al quale aveva partecipato con la fidanzata Annamaria. I due stavano insieme già da un po di tempo e avevano anche iniziato a programmare il loro futuro. Quella maledetta sera del 21 aprile, però, quei sogni si spensero definitivamente. Luigi aveva terminato le ripetizioni di matematica in vista dellimminente esame di maturità e si era appartato in auto con la sua compagna in via Andolfi, una strada poco frequentata e perciò meta di giovani coppie in cerca di intimità. Ma quella sera Luigi ed Annamaria, probabilmente, non hanno fatto nemmeno in tempo a scambiarsi un bacio; unautovettura si accosta ai due fidanzati, scendono quattro balordi armati di pistole, si avvicinano a Luigi e gli urlano: Sei Antonio?. Senza attendere nemmeno la risposta, gli esplodono undici colpi darma da fuoco che lo freddano allistante. Annamaria, terrorizzata, nonostante alcune ferite, tenta di chiedere aiuto e rimarrà accanto al corpo ormai esanime del fidanzato sino allarrivo delle forze dellordine, alle quali la giovane riesce a fornire solo sommari indizi che non aiutano gli investigatori a scoprire i colpevoli. Solo undici anni dopo, in seguito alle dichiarazioni del pentito Luigi Maiolino, fu possibile istruire un processo in cui lo stesso pentito ribadì lerrore commesso da quel vero e proprio plotone desecuzione e rivelò i nomi degli assassini del giovane Cafiero. Si sostenne, allora, che i malviventi lo avessero scambiato con un camorrista a causa della folta capigliatura. Il fascicolo, tuttavia, fu archiviato in quanto le dichiarazioni del Maiolino furono ritenute inattendibili. Da 28 anni, dunque, mandanti ed esecutori di quella barbarie rimangono impuniti e quel che più rattrista è che il ricordo di Luigi sopravvive solo nella mente dei familiari e di quei pochissimi che ne hanno memoria.
Sarebbe, invece, giusto e opportuno che Luigi Cafiero fosse ricordato. Come? Magari intitolandogli unaula, un laboratorio o anche la palestra del Liceo Pitagora. In fondo, quel ragazzo era uno studente della nostra scuola e crediamo sia giusto e doveroso che proprio la nostra scuola ne onori la memoria. Forse lo dobbiamo anche a Liberato Cafiero, a quei suoi occhi velati di malinconia per un giovanissimo fratello che non cè più.
FRANCESCO POTENZIERI*
*Studente Isis Pitagora
(tratto da TorreScuola News)