Aurelio De Laurentiis ha commesso una lunghissima sfilza di errori nella gestione della vicenda Rudi Garcia. Il tecnico francese, rimproverato, delegittimato e infine commissariato pubblicamente (oltre che malvoluto da gran parte dello spogliatoio) è stato messo alla porta per il “momento no” che sta vivendo il Napoli, con la necessità di assumere “decisioni con la morte nel cuore”, salvo poi trattenerlo dopo il rifiuto di Antonio Conte di sedere sulla panchina degli azzurri.

Rudi Garcia era in Francia mentre ADL tesseva una fittissima trama alle sue spalle, ordiva il ribaltone e trattava (neanche tanto in gran segreto) con il suo possibile successore, studiando anche la tattica migliore per liberarsene senza essere costretto a dovergli pagare ancora lo stipendio. Ora l’allenatore francese è al Konami Center di Castelvolturno a “dirigere” le operazioni, quando solo poche ore prima De Laurentiis era pronto a fargli il “servizio” (per i non Totoisti, è una citazione). Una situazione ai limiti del surreale.

Ma è solo il culmine di un’estate caratterizzata da un assoluto delirio di onnipotenza, durante la quale il presidente ha avocato a sé ogni cosa, finanche la convinzione che l’artefice del terzo Scudetto fosse lui ed esclusivamente lui. Era certo che alla fine Conte avrebbe ceduto alle sue lusinghe: il patron era persino disposto a fare delle concessioni su diritti d’immagine, staff e autonomia decisionale. Ma non gli è andata bene. Quella dell’ex tecnico della Nazionale Italiana è l’ennesima porta in faccia che De Laurentiis si è visto sbattere negli ultimi mesi. Ma perché nessuno vuole allenare il “suo” Napoli? Il patron ha parlato di un Thiago Motta pavido, mentre per ciò che riguarda Luis Enriquemeno male che non è venuto per quel che sta combinando con il Paris Saint German”. E allora? Qual è la risposta? Forse ADL già la conosce.

Si è voluto occupare direttamente del mercato dopo l’addio di Cristiano Giuntoli, salvo poi ingaggiare una figura, quella di Mauro Meluso, che non gli facesse ombra. Le trattative per tirare sul prezzo, le questioni irrisolte relative ai rinnovi contrattuali e la “ribellione” dei procuratori rappresentano inevitabilmente una spina nel fianco. Ha deciso in prima persona di fare il casting per scegliere il nuovo allenatore, certo del fatto che – Luciano Spalletti a parte – i meriti del titolo di Campione d’Italia fossero da addurre alle sue intuizioni da visionario e al suo fiuto imprenditoriale (e molto spesso ci ha preso). Evidentemente pensò che, sotto sotto, ingaggiare un “Rudi Garcia qualsiasi” per guidare la squadra a “prezzo di costo” sarebbe bastato per raggiungere una comoda qualificazione alla prossima Champions League. E ora quel “Rudi Garcia qualsiasi” deve tenerselo, quando di fatto l’aveva già scaricato. Devi essere mentalmente una sorta di Robocop per riuscire ad allenare una squadra, forse tua, chissà se ancora tua, mentre ovunque è l’apoteosi dell’epitaffio virtuale. In sostanza hanno deciso che sei morto, anche se tu sei vivo, per convinzione e per il “vil denaro”. Il tecnico francese è diventato in poche ore “L’Uomo invisibile” di una panchina fantasma.

Ancora cinque partite (tre in campionato e due in Champions), fino alla prossima sosta. Fino a quando la barca resterà a galla. Cinque partite per evitare un clamoroso fallimento, quello di una squadra che un anno vince lo Scudetto e quello dopo prende “paccheri a votamano” da tutte le direzioni. Distribuire le colpe qua e là, compreso l’improbabile "violinista" in panca, è un esercizio che tutto sommato depista. E’ il delirio di chi ha pensato, e tuttora pensa, di essere stato l’unico demiurgo del terzo Scudetto.