Quando mi sono recato a Firenze circa una decina di anni fa, uno dei primi luoghi che ho visitato è stato Palazzo Vecchio, sede del Comune. Il vero motivo che mi ha spinto ad entrarvi, però, era ben diverso da un interesse artistico. Volevo vedere la lapide dedicata ai partigiani della Liberazione sulla quale sono incisi, tra gli altri, i nomi di Rocco Caraviello e Maria Penna.
La ricerca sulla famiglia Caraviello
I lettori che non conoscono la loro storia si chiederanno il motivo. Perché Rocco era un cittadino di Torre Annunziata e Maria la moglie. Entrambi assassinati dai fascisti a Firenze, insieme al cugino di Rocco, Bartolomeo Caraviello. Qualche anno dopo, nel 2016, ho deciso di fare una ricerca approfondita sulla famiglia Caraviello. Anche perché a Torre Annunziata a Rocco è intitolato lo slargo tra via Dino e via Epitaffio. A lui e alla moglie la sezione ANPI, attualmente in via Fusco. A loro due e a Bartolomeo, l’Amministrazione Comunale di Torre Annunziata assegnò la medaglia d’oro alla memoria nel 1975, in occasione del trentennale della Liberazione. Mentre a Firenze a Rocco era stata intitolata una sezione del PCI, e a Maria un monumento (che rappresenta la testa del cavallo mitologico Pegaso, simbolo di libertà, vedi foto sotto) sul greto del torrente Terzollina, a Serpiolle, sempre nel capoluogo toscano, dove fu ritrovato il suo cadavere e quello dell’amica Mary Cox, entrambe partigiane.
Ma cominciamo dall’inizio il racconto della loro storia. Rocco nacque a Torre Annunziata il 21 ottobre 1906, in vico Panifici, da Ciro e Anna Avitabile. Il padre era stato prima pastaio e poi venditore ambulante di vestiti. Rocco prese il nome del nonno, un semolaro. All’età di 14 anni, nel 1920, Rocco era già un attivista socialista, a 16 un organizzatore di cellule comuniste (aveva aderito al neonato PCI) a Torre Annunziata. A 18 anni era il responsabile dell’organizzazione regionale dei giovani comunisti. A 20 anni arrestato dai fascisti e a 22 imprigionato per sette mesi a Poggioreale per le sue idee politiche.
Nel frattempo aveva conseguito la licenza tecnica e imparato il mestiere di barbiere, oltre a dedicarsi al suo sport preferito, la boxe, e a esibirsi in spettacoli. Perseguitato continuamente dai seguaci di Mussolini, nel 1935 scappò a Firenze (dove viveva il padre Ciro) insieme alla moglie Maria Penna che aveva sposato il 7 settembre 1930 a Benevento, città nella quale Maria era nata il 19 gennaio 1905. Avevano già due figli, Ciro nato nel 1931 e Cosimo nel 1934, e a Firenze nacquero Luisa nel 1936 e Luigi nel 1938.
Nel 1940 Rocco aveva un negozio di parrucchiere per signora in via Fra’ Bartolomeo e carpiva numerose informazioni alle mogli dei fascisti più potenti. A Firenze, intanto, si era trasferito anche il cugino Bartolomeo, nato a Boscoreale il 13 novembre 1913. I tre facevano parte dei GAP, gruppi di azione partigiana.
Rocco, Maria e Bartolomeo giustiziati
Il primo ad essere arrestato fu Rocco, il 19 giugno 1944, dalla banda fascista del maggiore Mario Carità, e freddato con un colpo di pistola alla nuca vicino a Piazza della Signoria.
Due giorni dopo toccò alla moglie, prima torturata nella Villa Loria, poi denominata la famigerata “Villa Triste”, e poi fucilata insieme a Bartolomeo che aveva tentato di salvarla senza riuscirci.
“Dovemmo riconoscere i nostri genitori all’obitorio, io e mio fratello Cosimo - mi dichiarò per telefono il figlio Ciro, poi deceduto -, avevamo appena 13 e 10 anni e questo doloroso e straziante ricordo ci ha accompagnato per tutta la vita. Mio nonno Ciro dovette prendersi cura di noi quattro orfani e lo fece con grande amore fino alla sua morte il 15 aprile 1951”.
L’uccisione del torturatore dei tre partigiani
Circa due mesi dopo l’assassinio di Rocco, Maria e Bartolomeo, l’11 agosto 1944, la città di Firenze fu liberata dai nazifascisti. Alla caduta della Repubblica Sociale Italiana, Mario Carità si rifugiò in Alto Adige insieme alla sua amante. Fu rintracciato da militari americani nella notte tra il 18 e 19 maggio 1945 in una pensione. Era a letto con lei, reagì sparando e uccidendo uno dei soldati, mentre un altro lo colpì a morte con una sventagliata di mitra. Così mori il torturatore e uccisore dei nostri tre partigiani.
Il 22 settembre 2017 a Rocco Caraviello è stata anche intitolata una strada a Firenze nei pressi del luogo dove c’è il monumento dedicato alla moglie Maria Penna e a Mary Cox.