Si chiude con 53 condanne il processo a 72 persone coinvolte nello sgombero di Palazzo Fienga, la roccaforte di via Bertone diventata negli anni "proprietà" del clan Gionta di Torre Annunziata. Lo sgombero avvenne il 15 gennaio 2015 con 193 persone che lasciarono gli appartamenti ritenuti inagibili, in base a due provvedimenti: uno della Direzione distrettuale Antimafia, l'altro della Procura di Torre Annunziata, entrambi vagliati positivamente dai giudici per le indagini preliminari.
Omissione di lavori in edifici o costruzioni che minacciano rovina e inosservanza dei provvedimenti dell'autorità erano i reati contestati dalla Procura di Torre Annunziata, al termine di un doppio iter amministrativo mai rispettato né dai proprietari, né dagli inquilini, in parte camorristi o parenti prossimi di elementi di spicco del clan Gionta. Mai erano stati fatti lavori di messa in sicurezza del palazzo, nonostante fosse pericolante e le case, all'interno, erano spesso laccate in oro, con parati preziosi e mobili pregiati, spesso al limite del kitsch.
Tra boss del clan Gionta e persone incensurate, gli imputati sono andati a giudizio per il totale abbandono di quel palazzo. Tra gli imputati spiccano i nomi di affiliati di alto rango dei “valentini”. Alcuni degli imputati, per la precisione 5, hanno scelto la via dell'oblazione, estinguendo l'eventuale pena detentiva pagando un'ammenda. Un'altra decina ha ottenuto l'assoluzione perché il fatto non sussiste, uno solo non ha commesso il fatto. Altri 3 anziani proprietari nel frattempo sono deceduti.
Il giudice Marco Feminiano ha condannato 53 degli imputati a pene tra i 4 e i 2 mesi di reclusione, ordinando il dissequestro del palazzo che, però, nel frattempo è confiscato da un anno come richiesto dall'Antimafia.
Sono 29 gli imputati condannati a 4 mesi; per 24 condanna a 2 mesi; per 10 il fatto non sussiste; 1 non ha commesso il fatto; 5 hanno scelto il pagamento dell'ammenda; 3 sono deceduti.
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