«Cos’è il coraggio di una donna? Chiedetelo a Giovanna D’Arco o alla prima donna che ha votato nel 1946. Chiedetelo a Matilde Sorrentino o alle donne operaie uccise per difendere un diritto». Con queste parole il giovane studente Raffaele dà il via alla manifestazione tenutasi stamani all’istituto "G. Marconi" di Torre Annunziata. Una definizione molto eloquente per iniziare ad affrontare quello che è stato il tema dell'incontro: “Il coraggio delle donne”.
In occasione della giornata in memoria di Matilde Sorrentino e di tutte le vittime innocenti delle mafie, la dirigente dell’Istituto, Teresa Farina, con il Presidio di Libera “Raffaele Pastore e Luigi Staiano”, ha voluto riunire tutti gli studenti delle scuole superiori di Torre Annunziata per affrontare quella che da anni è la nube nera della nostra terra, la camorra. Molti ragazzi hanno preso la parola per esprimere il loro pensiero o per rivolgere alcune domande agli ospiti presenti, tra cui Michele Del Gaudio, referente cittadino di Libera, la neo assessora alla Cultura Imma Alfano, e la docente universitaria Maria Elefante, che nell'occasione ha presentato il suo libro “Le figlie della fortuna”.
Protagonisti assoluti sono stati i ragazzi. Ma il momento più toccante è arrivato con la lettura del messaggio dei due figli di Matilde Sorrentino, Giuseppe e Salvatore. Forse molti la conoscono come "mamma coraggio". Una donna, una madre che si è ribellata alla camorra, denunciando gli 11 pedofili protagonisti dello scandalo scoppiato nella scuola del Rione Poverelli. Tra le vittime anche suo figlio Salvatore.
Era il 2004, esattamente il 26 marzo, quando Matilde fu massacrata sull’uscio di casa sua. Aveva 49 anni e due ragazzini da accudire. Aveva detto "no" alla violenza che suo figlio, ed altri come lui, avevano subito. A distanza di 12 anni quel messaggio dei due giovani ragazzi ha ancora suscitato emozione e tristezza. A leggerlo Don Antonio Carbone, direttore della Casa Salesiana e della Comunità-famiglia che porta proprio il nome della mamma coraggio.
“Erano le 18.30. L’ultimo saluto - scrive Giuseppe, primogenito di Matilde -. Dopo solo ambulanza, carabinieri e dolore. Siamo stati portati lontano dalla nostra terra. A distanza di un anno anche mio padre è morto di infarto. Un dolore troppo grande per un uomo che ha perso sua moglie in quel modo assurdo. Uno strazio sapere ciò che il figlio aveva subito. Mamma era sola. L’avevano abbandonata. Ora anche noi siamo lasciati al nostro destino. E’ come se non avessimo un’identità. Tante cose non possiamo fare. Non abbiamo una casa e un lavoro. Mamma è stata ammazzata, ci è stata portata via senza che lei vivesse i bei momenti della vita, senza che lei vedesse i suoi nipoti. Dobbiamo nasconderci e stare lontani dalla nostra città e come allora anche questa volta vincono “loro”. Noi ci siamo spenti con lei».
Mentre Don Antonio Carbone leggeva queste parole struggenti, la foto di Matilde era visibile a tutti grazie ad una immagine riprodotta nella sala che ospitato l'incontro. La tenacia di quella donna che ha voluto ribellarsi e dire "no" alla camorra pagandola con la sua stessa vita.
Un altro momento toccante ha visto protagonisti i ragazzi della Comunità "Mamma Matilde", i giovani ospiti della casa-famiglia salesiana. Presenti in sala Renato e Nando. Entrambi 18enni con un trascorso malavitoso.
«Sbagliare è umano - dice Nando - ma si può cambiare, si può migliorare. Ho imparato che grazie allo sport posso diventare qualcuno ed essere un bravo ragazzo. Ora ho 18 anni e ho solo un anno di tempo prima di lasciare la casa-famiglia. Questo a noi ragazzi fa paura perché dovremmo affrontare una realtà che ci spaventa. Mai più cadrò nel vortice della delinquenza. Ho imparato - conclude - che bisogna rispettare le regole. Solo così si può migliorare».