“Eravamo cinque figli maschi e mio padre Ernesto, campione di pugilato, cercò di orientarci tutti verso questo suo sport, e se ci fosse stato allora anche la boxe femminile avrebbe convinto persino mia sorella!”.
Inizia così l’intervista a Raffaele Bergamasco, originario di Torre Annunziata e attuale allenatore di boxe della nazionale maschile e femminile della Nazionale del Belgio.
“Noi invece amavamo tutti il calcio e lo abbiamo praticato - continua Raffaele -, infatti mio fratello Francesco scappò via dopo il primo match di pugilato per giocare a football, Gennaro arrivò persino all’Under 17 di calcio e io stesso fui selezionato per la squadra dell’Avellino”.
Quindi non scegliesti subito la boxe?
“In verità iniziai a fare pugilato ma, alla prima visita agonistica da ragazzino, il medico mi disse che non avrei potuto mai fare il pugile per un problema all’occhio sinistro. Ebbi però una reazione di orgoglio, scattò in me la molla della passione per la boxe e alla seconda visita la superai perché fu accertato che avevo solo l’occhio pigro”.
È iniziata così la tua carriera da pugile?
“Sì, a tredici anni e mezzo vinsi il primo match e successivamente a quattordici anni battei i miei rivali, anche diciottenni, in una ventina di incontri. E così iniziai la carriera di pugile dilettante, selezionato per la nazionale giovanile”.
Che titoli hai conquistato?
“Sono stato cinque volte campione d’Italia, nei superleggeri, walter, medi e mediomassimi. Purtroppo non sono riuscito mai a qualificarmi nelle selezioni per le Olimpiadi, per infortuni e sconfitte”.
E tuo padre Ernesto come l’ha presa?
“Mi seguiva da lontano, anche perché non volevo mi fosse vicino, in quanto si sentì male e svenne quando non mi qualificai alle Olimpiadi del 1996”.
Quindi hai abbandonato il pugilato attivo per diventare allenatore?
“Sì, ho lasciato a 28 anni e a 30 sono stato nominato allenatore della nazionale italiana femminile di boxe, nel 2001. E in quell’anno, ai primi campionati del mondo, partecipammo come Italia con tre atlete e Simona Galassi vinse la medaglia d’oro. Successivamente vincemmo altri titoli mondiali ed europei, fino a quando nel 2007 lasciai il pugilato femminile per passare a quello maschile l’anno dopo”.
Una nuova esperienza anch’essa ricca di soddisfazioni?
“Certamente, nel 2008 mi fu affidato Alfonso Pinto di Torre Annunziata, un ragazzo difficile da gestire ma talentuoso, tanto è vero che poi ha vinto la medaglia d’argento ai campionati europei di boxe”.
Fino a quando hai allenato i giovani boxeur della nazionale?
“Fino al 2017, sono stati dieci anni entusiasmanti e ricchi di successi, con partecipazione a tre Olimpiadi. Poi ho terminato la mia esperienza in Italia per trasferirmi all’estero”.
Dove sei andato a fare l’allenatore?
“In India, convocato da quella federazione per allenare la squadra di boxe femminile che ha partecipato alle Olimpiadi di Tokyo e per la prima volta nella loro storia c’è stata una vittoria, conquistando una medaglia di bronzo”.
Per quanto tempo sei rimasto in India?
“Fino al 2021, quando ho deciso di rientrare in Italia per fare il nonno di mia nipote Eva. L’anno successivo mi ha chiamato la federazione belga per allenare la squadra sia femminile che maschile”.
Quindi sei ritornato in Europa per una nuova esperienza?
“Sì, a Bruxelles, e con i pugili ho vinto per la prima volta la medaglia di bronzo sia maschile ai mondiali che quella femminile agli europei, qualificando una pugile e due pugili alle Olimpiadi di Parigi e ottenendo finora oltre una decina di medaglie complessivamente”.
Sei orgoglioso di qualche record?
“Sì, certo, ho partecipato a cinque Olimpiadi, vincendo con tre nazioni diverse, con l’Italia a Londra, Rio de Janeiro e Pechino, con l’India a Tokyo e con il Belgio a Parigi”.
Ci puoi raccontare qualche episodio curioso o divertente che ti è accaduto finora?
“Poiché sono un tifosissimo del Napoli, quando ero in India svegliavo i miei collaboratori alle quattro di notte, per il fuso orario differente, per seguire con loro le partite degli Azzurri. E l’anno scorso, quando sono venuto a Pompei con i pugili belgi per un incontro, hanno voluto andare a comprare maglietta e pantaloncini del Napoli… e ora si allenano in palestra a Bruxelles con la divisa degli Azzurri!”.
Continuerai ancora a lungo la tua carriera di allenatore?
“No, intendo partecipare alle Olimpiadi nel 2028 a Los Angeles, poi terminare la mia carriera di allenatore, godermi la mia famiglia ad Assisi dove abito con mia moglie Marianeve, con le mie figlie Francesca e Ida e logicamente con mia nipote Eva”.
Hai un sogno nel cassetto?
“Si, ritornare a Torre Annunziata per riaprire la Pugilistica Oplonti, la palestra che con tanti sacrifici mio padre Ernesto inaugurò nel 1994. Era nel sottoscala del circolo didattico della Deriver, mio padre costruì la scala per accedervi, la pavimentò, vi fece tutti gli impianti, spendendo trenta milioni di lire di allora e ottenendola in comodato d’uso gratuito per dieci anni dal Comune, pagando affitto, consumi ed altro. Poi è stata dichiarata inagibile. Era gestita da mio fratello Gennaro e da Alfonso Pinto, la comunicazione è stata fatta poco prima che mio padre morisse, con suo grande dolore, ed eseguita a gennaio scorso dopo la sua morte. Lui era stato il custode della scuola per tantissimi anni, vi era anche la sua abitazione dove viveva con mia madre Francesca che è stata sfrattata. Spero che il sindaco Corrado Cuccurullo ci dia al più presto la bella notizia che il problema è stato risolto e che potremo rientrare per dare nuova vita alla palestra e accogliere i tanti ragazzi desiderosi di fare questo sport”.