Che Pasqua trascorreranno Juventus e Napoli? Dipende tutto da quel che accadrà questa sera, il giorno del gran ritorno. In attesa del campo, siamo in piena guerra psicologica, nonostante il fascino delle sfide non sia per nulla paragonabile: Sassuolo-Napoli e Juventus-Milan viaggiano su piani ancora lontani, e non è solo una questione di somma dei punti. La partita che conta è quella incrociata, una volata lunghissima che chi sa quando si deciderà. L’Italia si schiera e si divide: 72 contro 70 in classifica, quando mancano nove giornate al traguardo e il distacco non rappresenta né un margine di sicurezza, né una barriera invalicabile. Neppure se la Juve ne dovrà giocare cinque in casa, compreso quello scontro diretto del penultimo week end di aprile.
Tutto viene letto con uno sforzo interpretativo condizionato dal tifo, ma se con i silenzi di Sarri l’esercizio è praticamente vano, con Allegri il gioco si può tentare; e così diventano presto prova riconosciuta di timore le affermazioni dell’allenatore juventino: “La partita con il Real è un evento di portata mondiale, ma il nostro obiettivo è il campionato” e ancora “Siamo passati da un possibile +7 a un ipotetico -1 prima della sfida con il Milan”. È l’ammissione esplicita che il Napoli fa paura, e lo farà anche di più se riuscirà il colpo a Reggio Emilia, all'ora del tramonto. Siamo al momento delle grandi manovre, all'esodo di massa: ottomila presenze napoletane al Mapei Stadium sono una realtà non trascurabile, la dimostrazione che anche Napoli ci crede, oggi come trentuno anni fa o come nel 1990, la stagione del secondo e ultimo scudetto.
Due settimane di attesa passate in assoluta, insolita tranquillità, tra foto ricordo di Insigne con il mito Messi e viaggio d’istruzione nel mito Wembley con gol compreso nel prezzo della fatica. Pensate che l’anestesia è stata talmente efficace da riuscire quasi nell’impossibile: non ha fatto notizia neppure il fantasma della camorra evocato dal tedesco Amin Younes, per giustificare un’ingiustificabile fuga dopo aver firmato un regolarissimo contratto. Poco verosimile il racconto per generare pure indignazione di maniera, ma anche la conferma che intorno al calcio tira un’altra aria. Sono piuttosto queste differenze con un passato ormai lontano a segnare il cambio. Il fenomeno non si ferma solo a Napoli e al Napoli: ecco perché sono sempre in tanti a desiderare che il passaggio a una nuova era si compia. Un sogno che somiglia tanto a una rivoluzione.
*già direttore di Sky Spor