L’impressione è che un po’ ci marcino tutti, o almeno provino a farlo. Oggi tocca alla Samp, di scena al San Paolo nel turno che precede il primo Natale lavorativo del calcio italiano. Parlo dell’atteggiamento degli avversari del Napoli prima o dopo uno scontro diretto con l’attuale capoclassifica della serie A: ha cominciato Pep Guardiola, allenatore del Manchester City in testa alla Premier e a tutte le classifiche di rendimento europee. Fu lui, alla vigilia della doppia sfida di Champions League, il primo a celebrare in pubblico l’elogio del gioco praticato dalla formazione di Sarri: fu letto come il conferimento di una laurea honoris causa, una plateale consacrazione. Vedere l’allenatore più bravo del mondo elogiare un collega più anziano e molto meno premiato generò un certo effetto, di stupore misto ad ammirazione.

Alla fine ricordiamo come andò la storia: negli ottavi della prima coppa Europea (con il City) fu promosso lo Shakthar di cui nessuno, tranne gli ucraini, conoscono il nome di chi lo alleni. Eppure c’è stata un’emulazione continua, una gara alla quale si sono iscritti concorrenti sinceri o semplicemente ossequiosi. Massimo Oddo (altro giovane leone) è arrivato a Udine per prendere il posto di Gigi Delneri, profeta di un’altra generazione di allenatori; dal suo approdo la squadra è radicalmente cambiata, è andata a vincere nientedimeno che a San Siro, ma accusando cronica difficoltà contro il Napoli, sia in campionato che in coppa Italia. I commenti di Oddo ai due insuccessi contro i napoletani furono a dir poco rassegnati: contro avversari così, è impossibile fare meglio, sono i più forti.

Una dichiarazione di resa inevitabile che non regala punti, ma mette la coscienza a posto. Stesso ritmo narrativo per Marco Giampaolo, artefice del gioiello Sampdoria: eloquio intriso di adorazione, motivata anche attraverso i  numeri, di cui Giampaolo è convinto cultore: questo Napoli non si batte. La risposta inappellabile arriverà dal campo, dove la prima della classe si presenterà ammantata dai favori del pronostico. A Sarri non ricordate la venerazione che gli altri gli portano, gli guastereste l’umore. Sarebbe un po’ come parlargli di calciomercato, la parte di questo sport che il Professore considera più lontana dalla scienza, destinazione finale della sua pacifica rivoluzione. Una ragione per evitare accenni a Darmian, Ciciretti, Inglese, Verdi e persino a quell’impronunciabile francese Machach che solo una piccola minoranza di eletti riesce a chiamare nella maniera giusta.

Nessuno grazierà Sarri, invece. E lui, scientificamente, ignorerà chi non è con lui nel laboratorio dove si progetta la Grande Impresa, l’unica cosa che veramente gli manca. E Natale è il tempo giusto per far avverare i sogni.

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