Comincio da una citazione da reduce: neppure il Napoli dell’Inarrivabile era così spietato. Contro il Cagliari, tre minuti e una manciata di secondi sono stati sufficienti a segnare una domenica di campionato iniziata troppo presto. E per chi ha memoria storica (tanto per insistere sul Paragone cui tutti pensano), è apparsa subito evidentissima la differenza tra il Talento Perfetto e la Macchina Perfetta: questo costruito da Sarri è un meccanismo che non conosce intoppi, uno strumento talmente verificato in laboratorio da riuscire a prevedere i comportamenti anche degli avversari.
Azioni e reazioni si succedono a una velocità impressionante, imponendo agli artefici una concentrazione massima. E anche questo dettaglio crea distanza tra ieri e oggi: al tempo di Mertens si fatica di più, senza che vada risparmiato un sorriso. Come quello sempre stampato sul viso del capitano Hamsik, ormai più vicino a strappare al suo opposto Maradona il primato dei gol segnati con questa maglia che sente addosso come una seconda pelle. Giocare un calcio così, richiede un’applicazione assoluta, ma diverte come difficilmente è capitato in passato.
E questa è l’unicità del caso Napoli, fenomeno che ha condotto allo stadio (o davanti alla tivù) generazioni di tifosi delusi e migliaia di nuovi appassionati. Abbiamo riscoperto tutti insieme che si può vincere, spassandosela. Un privilegio vissuto dai milanisti dell’antesignano Sacchi, il Maestro da cui partì la prima rivoluzione calcistica: dall’altra parte, allora, c’era il Napoli di Maradona, il Genio Assoluto che sovvertiva ogni previsione su ciò che una mente umana potesse pensare di fare con un pallone tra i piedi. Oggi l’Imprevedibile non c’è più, il Napoli c’è ancora. Lo guida il più brontolone degli allenatori, ma anche il più bravo che sieda su una panchina. Ieri Diego, oggi Sarri: il risultato non cambia.
*già direttore Sky Sport
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