Una questione di approccio: liquidata così, con una battuta di Sarri, dispensata in diretta dall’Ucraina, la prima sconfitta del Napoli fa meno paura, ma fa sempre notizia. Soprattutto per chi aveva omesso qualche dettaglio nel presentare la partita di Champions League con lo Shakhtar: di fronte non c’era una formazione di giocatori dilettanti, ma una squadra testa di serie nel sorteggio europeo, dove la sintesi tra la fantasia sudamericana e la fisicità europea è stata perfettamente elaborata dal portoghese Paulo Fonseca. E il Napoli per la prima volta in questa stagione ha scoperto un avversario bravo a imporre il proprio gioco.
Qui si apre il dibattito: ha ragione Sarri che offre una lettura psicologica, di approccio mentale sbagliato, oppure bisogna mettere in conto anche di perfezionare una più veloce capacità di adattamento al nemico? Qualsiasi soluzione pensiate di preferire, è sempre una questione di testa. Che in Italia, forse, si presenterà meno spesso, ma in Europa è un fattore sempre determinante. Ecco perché sono apparse un po’ frettolose le critiche alle scelte di Sarri che resta il più profondo conoscitore dello stato di forma dei propri giocatori: che cosa sarebbe potuto cambiare? Forse anche l’indispensabile Mertens avrebbe sofferto come nel primo tragico quarto d’ora hanno fatto i suoi compagni. Hamsik, poi, merita che gli venga concesso credito sul campo, non esiste ancora un laboratorio per il recupero accelerato. E Reina? Chi avrebbe ipotizzato una sua corresponsabilità sul secondo gol ucraino?
Lasciate che il Napoli torni in officina, finora l’autocorrezione ha sempre funzionato. L’analisi più lucida l’ha fatta Callejon: “Gli altri ci studiano, dobbiamo essere ancora più veloci”. Nelle prime partite agli altri non è stato concesso mai il tempo di pensare. L’incantesimo è stato solo interrotto.
*già direttore di Sky Sport
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