Can Yaman si racconta in una lunga intervista a La Stampa. Il divo turco, protagonista insieme a Francesca Chillemi della nuova attesissima fiction Viola come il mare, che andrà in onda in prima serata su Canale 5 a partire dal prossimo 30 settembre, parla al quotidiano torinese anche di come l’improvvisa notorietà abbia cambiato la sua vita.
“Non ci sono ancora abituato, è come quando ti danno un cazzotto, qualcuno può pensare ‘sei grande e grosso, non ti fa niente’, e invece ti fa male lo stesso. Ogni donna che mi si avvicina, anche un’amica o una collega, diventa subito oggetto di attenzioni esagerate. Mi chiedo come mai potrà reggere tutto questo una futura, vera fidanzata. Adesso, comunque, sto imparando. Ho cambiato casa e sono 7-8 mesi che non mi faccio trovare”.
L'invadenza delle fan
Difficilmente si arrabbia, perché ha capito che certe intrusioni fanno parte del gioco. Però ogni tanto si infervora, proprio com’è accaduto a Palermo sul set di Viola come il mare: “Eravamo in albergo, stavamo parlando con la troupe, ho aperto la porta e mi sono trovato davanti uno che origliava, un maschio. Mi è partita la ‘ciavatta’, ho detto ‘arrestatelo’, insomma mi ha dato fastidio. L’invadenza non mi piace, ma so che in parte è una conseguenza del mio lavoro, e quindi devo accettarla. Adoro le mie fan, ma se mi vengono a citofonare a mezzanotte, ecco… questo non piacerebbe a nessuno”.
La bellezza: quanto ha influito sul successo di Can Yaman
Poi, su quanto abbia influito la bellezza nel suo incredibile successo, Can Yaman rivela: “Sono stato sempre troppo ingombrante per nascondermi, e comunque per tantissimo tempo non mi sono interessato al mio aspetto fisico. Ho studiato giurisprudenza, avevo altri progetti, il concetto della bellezza è entrato nella mia vita più tardi, e comunque sono sempre gli altri a farmelo tornare in mente, io lo dimentico. Da sola la bellezza è inutile, ha senso solo se è accompagnata da altre virtù”.
Infine, l’attore che sarà protagonista anche della serie Dinsey Plus, El Turco, parla delle differenze tra Turchia e Italia: “In Turchia siamo illegali, lavoriamo 16 ore al giorno. In Italia finisci alle 18, e questo ti permette di avere una vita. Sono contento di essermi liberato da quella frenesia, però è anche vero che quella disciplina, quei ritmi di lavoro assurdi, mi hanno fatto diventare una macchina da guerra”.