Da meno di un anno collaboratore di giustizia, Michele Palumbo smentisce gli altri pentiti dei Gionta e racconta un'altra verità sugli omicidi della faida di camorra contro i Gallo-Limelli-Vangone che hanno insanguinato Torre Annunziata meno di 10 anni fa.
Lo ha fatto nuovamente ieri, dinanzi alla Corte d'Assise d'Appello di Napoli (presidente Zeuli), alla prima udienza del processo di secondo grado al gruppo di fuoco di Palazzo Fienga.
Tra gli imputati c'è proprio Michele “munnezza”, insieme a Umberto Onda e Aniello Nasto “quarto piano”. Rispondono della partecipazione ad almeno 4 omicidi, per i quali in primo grado erano arrivati gli ergastoli per Palumbo e Onda, e 14 anni per Nasto.
“Non ho ucciso né Liberato Ascione, né ho preso parte al duplice omicidio di Carlo Balzano e Angelo Scoppetta” è quanto sostiene Palumbo. “Su Balzano – ha aggiunto – ero risentito con Onda e Giovanni Iapicca, perché avevo intenzione di ucciderlo io per regolare dei conti in sospeso. Di sicuro non avrei ammazzato anche Scoppetta”.
Per quanto riguarda l'omicidio di Domenico Scoppetta, poi, “munnezza” ha ammesso di essere stato lui l'esecutore materiale, riferendo anche particolari agghiaccianti: “Fui io a sparare, Onda infierì solo sul cadavere. Ricordo di essere tornato a casa in scooter, con il volto completamente sporco di sangue. La gente mi indicava e inorridiva, io capì il motivo solo guardandomi allo specchio”.
Nella prossima udienza del processo, ci sarà il controesame dell'imputato.