«Le emergenze (come i crolli di resti antichi, ndr) possono capitare. A Pompei una disgrazia è diventata l’occasione propizia per dimostrare al mondo le capacità di reazione del popolo meridionale». Il ministro dei Beni Culturali, Alberto Bonisoli, ha con la sua considerazione spiegato il senso di partecipazione alla presentazione delle ultime scoperte di pregio emerse dai cumuli di lapilli nella Regio V del Parco Archeologico di Pompei. Vale a dire le domus di Giove, con affreschi di I stile e le sue fantastiche figure allegoriche, e quella con Giardino, con grandi pitture murali, raffiguranti ambiti familiari. Ma soprattutto con il ritrovamento molto importante di un’iscrizione in carboncino (probabilmente di un muratore dedito alla ristrutturazione della casa) che risolve una volta per tutte l’antico dibattito scientifico sulla data effettiva dell’eruzione del Vesuvio che ha distrutto Pompei (che dalle fonti letterarie risalenti a Plinio il Giovane fu fissata in un primo tempo al 24 agosto del 79 d. C., mentre successivamente altri studiosi hanno argomentato con prove concrete la data del 24 ottobre del medesimo anno), dal momento che il graffito rinvenuto porta la data del sedicesimo giorno prima delle calende di novembre, corrispondente al 17 ottobre del 79 d. C..
«Vi ringrazio di avermi dato l’occasione per presentare al mondo eccellenze invidiabili», ha proseguito Bonisoli, citando in primis il direttore generale del Parco Archeologico di Pompei, Massimo Osanna, che ha il merito maggiore nella valorizzazione scientifica delle scoperte fatte durante gli scavi, e poi il direttore generale del GPP, Mauro Cipolletta, che nel suo personale intervento ha spiegato che i cantieri in corso (con la spesa di 18 milioni di euro) sono quelli più onerosi con quasi il 10% della spesa totale dei fondi stanziati.
«Quello che mi preme sottolineare - ha proseguito Bonisoli -, oltre l’eccezionale valore scientifico e storico-artistico dei ritrovamenti, è ciò che i nuovi scavi rappresentano, ossia l’eccezionale competenza del nostro Paese. Essa nasce dall’impegno costante delle strutture statali del Ministero nella ricerca così come nella tutela, dal lavoro d’équipe interdisciplinare e di alta specializzazione che viene portato avanti con la collaborazione delle Università italiane e internazionali, dall’utilizzo di tecnologie estremamente avanzate. Tutto questo crea un modello virtuoso che può e deve essere esportato in altre realtà analoghe e soprattutto nei siti considerati minori solo perché ancora non hanno flussi turistici rilevanti».
A spiegare il valore scientifico delle scoperte presentate oggi (16 ottobre) alla stampa, con presenze istituzionali e del ceto dirigente locale e campano, è stato il professore Osanna, il massimo protagonista dell’impresa scientifica destinata a lasciare un segno indelebile nella storia degli Scavi di Pompei. Una traccia di rilievo in primis nel dare una data definitiva all’eruzione del 24 ottobre (non più 24 agosto) del 79 d. C.. Altri archeologi avevano messo in evidenza il ritrovamento di bacche autunnali, melograni e bracieri armati ma non era stata cambiata la data che Plinio il Giovane aveva scritto a Tacito nella descrizione della distruzione di Pompei.
Altro tema è importante è “Pompei a Colori”, che si presta agli occhi dei visitatori ancora nelle tinte integre prima che l’atmosfera ne corroda l’intensità. Sul piano della tutela, Osanna annuncia che «si restaura mentre si scava», con riferimento all’attività di cantiere che parallelamente viene sigillata dal restauro. Ultima importante novità riguarda una considerazione sensazionale. «Sono state notate incursioni sistematiche nel sottosuolo anteriori al 1748». Una moneta trovata nel sito sarebbe la prova che già nel '600 si effettuavano indagini nel sottosuolo vesuviano per riportare alla luce reperti antichi.
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(Il ministro Bonisoli con il diggì Osanna - foto pompeiisites.org)
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