Numerosi mezzi e uomini della Polizia di Stato di Pompei a Palazzo de Fusco sono arrivati per notificare la misura cautelare di sospensione dall'esercizio del pubblico ufficio ad otto dipendenti del Comune. Il provvedimento conclude un’indagine partita due anni fa (aprile 2015) sotto la regia della Procura di Torre Annunziata. Alla fine l’ordinanza del Gip ha disposto la sospensione dal pubblico ufficio. Le indagini erano state avviate su 45 registrazioni. Hanno riguardato in tutto 27 dipendenti ma solo 8 di essi sono stati sospesi da 1 a 3 mesi. I reati contestati ai 27 soggetti (per altri 19 è stato notificato un avviso di conclusione delle indagini preliminari) riguardano la truffa aggravata ai danni dello Stato e falsa attestazione di servizio presso il Comune di Pompei con espedienti truffaldini. L’attività investigativa si è mossa dai rilievi di due dei sei apparecchi marca-tempo dell’Ente, con servizi di pedinamento ed osservazione del comportamento dei dipendenti “infedeli”. Il quadro che è sortito dall’osservazione è deprimente e “sporca” l’immagine di Pompei. Testimonia l’abitudine, quasi generalizzata, di evadere le regole di correttezza sugli orari di servizio.
La «non trascurabile casistica», come ha sootolineato la Procura oplontina, avrebbe potuto coinvolgere responsabilità a livello superiore ma la magistratura si è limitata per questa volta a penalizzare solo gli evasori alle regole di timbratura dei badge e colpevoli di assenza ingiustificata dal servizio. Alcuni di loro, dopo aver introdotto il cartellino nella macchinetta segna orario, disertavano gli impegni di lavoro o arrivavano in ritardo in servizio grazie alla timbratura del collega compiacente. Un andazzo evidentemente favorito (o almeno tollerato) dall’alto, perché se è stato messo in campo un comportamento generalizzato, solo chi non ha occhi non ha potuto vedere. L’attività di pedinamento degli agenti del locale Commissariato, guidato dal vicequestore aggiunto Angelo Lamanna, è durata due anni ed è stata documentata con video e fotografie che hanno provato che alcuni indagati, mentre risultavano presenti (e quindi regolarmente pagati a fine mese con i soldi dei concittadini) erano invece “impegnati” negli acquisti, sedute al bar o rientri in famiglia.
Gli agenti del Commissariato di Pompei hanno ritirato la documentazione di calcolo della retribuzione degli indagati, eventualmente per penalizzarli sulle prestazioni omesse considerato che hanno intascato soldi che - non essendo al lavoro durante l'orario di servizio - non hanno guadagnato.
In conclusione, i provvedimenti disciplinari anche se sono stati severi, non hanno penalizzato eccessivamente i dipendenti comunali colpiti perché le indagini non hanno fatto scoprire “secondi lavori” svolti durante l’orario di servizio al Comune di Pompei. Al contrario, preoccupa l’opinione pubblica la conclusione dell’indagine della magistratura che ha stigmatizzato «il diffuso e sistematico modus agenti dei dipendenti del Comune di Pompei che, con modalità diverse, si sono resi responsabili, durante il servizio, di condotte contrarie ai doveri del servizio pubblico».
Questi i dipendenti colpiti dal provvedimento di sospensione: 1. Roberto Barbato (3 mesi); 2. Maria Iannuale (due mesi); 3. Rita Iovene (due mesi); 4. Giuseppe Izzo (1 mese); 5. Isabella Lanziere (3 mesi); 6. Dalila Maio (3 mesi); 7. Giuseppe Vangone (2 mesi); 8. Luigi Vollaro (2 mesi).
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twitter: @MarioCardone2
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