A cura della Redazione

Da oggi in poi, i dipendenti degli Scavi archeologici di Pompei, come quelli del Colosseo e degli altri siti culturali del Belpaese, avranno gli stessi limiti ai diritti sindacali degli addetti ai servizi pubblici primari (sanità,trasporti, ecc.). Significa, come ha spiegato il Capo del Governo Matteo Renzi che, da ora in poi, quando un turista metterà nel programma del suo viaggio individuale (o di gruppo) la visita agli scavi archeologici di Pompei, avrà la sicurezza che nella data stabilita in anticipo non troverà chiusi i cancelli del sito. In altre parole, i custodi, nell’organizzare le loro adunanze sindacali (o proclamare scioperi), dovranno tenere conto in primis delle sacrosante esigenze dell’utenza,  che nello specifico assumono una rilevanza primaria per gli interessi generali del Paese.

La prima osservazione a questo punto è: perché non ci hanno pensato prima? Saranno almeno dieci anni che chiediamo una misura del genere dalle nostre modeste pagine e nelle conferenze politiche (i vari esponenti locali che si sono succeduti alla commissione cultura del Parlamento, come Anna Maria Carloni, Luisa Bossa e Luigi Gallo conoscono bene i precedenti).

La richiesta arriva in subordine immediatamente dopo un provvedimento del genere, ed il Paese dovrà avere anche una classe politica ed una dirigenza ministeriale che si dimostreranno all’altezza sia di gestire, tutelare e valorizzare i monumenti nazionali, a buon motivo definiti attrattori turistici, sia di creare un clima aziendale di collaborazione, innanzitutto pagando il dovuto ai lavoratori a tempo debito, valorizzando così le capacità ed il sacrificio di chi spende la vita al loro diretto contatto (e tutela). Chi vive ed opera a diretto contatto con i maggiori esponenti del sindacalismo nazionale e locale dei Beni Culturali, si trova ogni giorno a scrivere su questi problemi. A Pompei, nel bene e nel male Antonio Pepe (sindaclista) è un personaggio carismatico già prima del 24 luglio scorso (data della clamorosa chiusura per assemblea del personale), in quanto affronta da anni, senza eclatanti risultati, insieme ad altri, i problemi a livello di carenza del personale e della sua gestione organizzativa relativamente alla ripartizione tra i siti vesuviani (recentemente la buona volontà di Osanna sta facendo vedere qualche miglioramento). Ne consegue che le proteste di Pompei, prima, e Roma, dopo, rappresentano le cime di un iceberg  dove il sommerso è rappresentato dalle lagnanze di tutta una categoria scarsamente considerata, e pertanto non ripagata e valorizzata e di conseguenza frequentemente esasperata. Ora il Governo fa bene a canalizzare le libertà sindacali in ambiti accettabili per gli interessi generali del Paese.

Allo stesso tempo deve avere la coerenza di mettere su un piano di maggiore attenzione le giuste rivendicazioni di operatori di un settore vitale per l’economia nazionale.