Opificio tessile abusivo sequestrato a San Giuseppe Vesuviano. Nell'ambito di un'operazione a tutela del Made in Italy e a contrasto del "falso", i finanzieri della Compagnia di Ottaviano hanno individuato un'azienda attrezzata per la produzione di capi di abbigliamento recanti la falsa dicitura “Made in Italy” e sottoposto a sequestro circa 116 milioni di articoli tra capi di abbigliamento, semilavorati e accessori, unitamente ad etichette, pronte per essere apposte sui capi.
La struttura produttiva, ubicata nella periferia di San Giuseppe Vesuviano, era gestita da due imprenditori di origine cinese che, sfruttando sette lavoratori "in nero", di cui tre bengalesi irregolari sul territorio nazionale, producevano migliaia di capi di abbigliamento falsamente certificati come realizzati in Italia.
Nel corso del controllo, le Fiamme Gialle hanno accertato che la ditta non aveva effettuato le previste comunicazioni autorizzative per l'avvio delle attività, operando in assenza delle prescrizioni previste in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro e relative al corretto smaltimento dei rifiuti.
Oltre al fabbricato di oltre 1.000 mq, i militari hanno sottoposto a sequestro 115.900.100 accessori per la produzione di capi d’abbigliamento, 1.120 km di stoffa in rotoli, 142.800 cartellini con indicazione “Made in Italy” e 116.000 metri di elastici per capi di abbigliamento.
Più di 180mila sono risultati i capi di abbigliamento già assemblati e, dunque, sottoposti a sequestro: gli stessi erano pronti per essere immessi sul mercato, privi di qualsiasi documentazione originale atta ad attestare la legittima provenienza e a garantirne tracciabilità e qualità. I restanti prodotti erano, di contro, in via di confezionamento.
Oltre a una performante linea di produzione, sono stati sequestrati anche gli scarti di lavorazione, pari a oltre 6.000 kg di rifiuti speciali, che sarebbero stati illegalmente smaltiti.
I due imprenditori sono stati deferiti alla Autorità Giudiziaria per i reati di produzione e vendita di prodotti industriali con segni mendaci, ricettazione, sfruttamento dell’immigrazione e del lavoro “nero” e mancato rispetto delle norme in materia di sicurezza dei luoghi di lavoro e gestione dei rifiuti.