«Ce steva 'na vota nu viecchio e 'na vecchia, stevene ricasa areto 'o specchio. Statte zitto ca mò t' 'o conto…». E’ uno degli incipit più popolari dei “cunti”, le storielle che le persone più avanti negli anni della famiglia raccontavano agli altri componenti. Recuperare con la memoria e restituire scene di un’epoca antica dove la comunicazione orale era ancora uno strumento principale e fondamentale di connessione, rappresenta il nucleo centrale dell’evento “I cunti attuorno ‘a vrasera”.

La seconda edizione, inserita come la prima nel progetto culturale nazionale “Costruiamo Gentilezza”, si è svolta ieri sera nei locali dell’ex dopolavoro ferroviario della stazione di Torre Città, in piazza Nicotera. La scelta della data non è casuale: il 21 gennaio del 1946 a Torre Annunziata lo scoppio di carri ferroviari che contenevano munizioni belliche provocò 54 morti. Una tragedia di cui ancora oggi la città mostra le ferite. Anna Vitiello, ambasciatrice dello stesso progetto nonché referente delle Terre Vesuviane, nell'introduzione dell'evento ne ricorda l’essenza: «E’ la ricostruzione di un’atmosfera emozionante. Nelle sere d'inverno era usanza, in ogni casa, riunirsi attuorno ‘a vrasera, intorno al braciere, per narrare cunti e fattarielli. Nello stesso braciere venivano bruciate bucce di arance e di mele che creavano un buon profumo per accompagnare i racconti e le filastrocche. Con gli occhi sgranati, grandi e piccini ascoltavano incantati. Tutti seduti a formare un grande cerchio e per riscaldarsi in maniera personale e diretta c'era anche 'a manta, la copertina. Veniva appoggiata sulle ginocchia».

La ricostruzione è stata organizzata anche quest’anno attraverso i sapori che sprigionava la cucina: cuzzutielli di pane farciti di fave preparati all’istante e la squisita soffritta, pietanze cult di un tempo distribuite tra l’evidente gradimento dei presenti. Don Ciro Alario, parroco del Santuario dello Spirito Santo e dell’Immacolata Concezione di Torre Annunziata, ha aperto l’evento accompagnato da Padre Daniel Blanco, vescovo di San Josè capitale della Costa Rica.

«I cunti attuorno ‘a vrasera erano racconti tramandati oralmente – sottolinea Anna Vitiello – senza la presenza di tracce scritte. Ogni narratore, dunque, li colorava di sfumature diverse, con la propria creatività, con la propria fantasia. Per far sì che restino impressi non solo nella memoria, abbiamo deciso di creare uno scrigno con la pubblicazione di un volume che successivamente promuoveremo sul territorio». L’atmosfera di quell’epoca è stata rievocata attraverso i gesti, le storie, le curiosità, i particolari, i dettagli di un taglio di vita molto distante dal contemporaneo, ma soprattutto con la musica.

L’intervento del gruppo “I quattro quarti” (Enzo Tortora, voce, Giovanni Aquino, chitarra, Marica Russo, flauto traverso, Enzo Raiola, percussioni) ha condotto immediatamente la serata nella dimensione del racconto suggestivo e sapiente in musica e versi.

L’attore Pasquale Cirillo ha stralciato dalla sua memoria i dialoghi tipici di una semplice abitazione del secondo dopoguerra del secolo scorso qui a Torre Annunziata, dove la famiglia si riuniva per riti quotidiani soprattutto conviviali in cui predominavano l’ascolto, la relazione, il confronto.

Il gruppo folk “’O Pazziariello”, fondato nel 1974, ha offerto un saggio della profonda ricerca effettuata nel campo della musica tradizionale-popolare meridionale unitamente ad una trasposizione in versi di uno scritto di Matilde Serao che Giovanna Negri ha trasmesso con particolare intensità emotiva.

La chiusura dell’evento è stata affidata al gruppo “Quelli della curva”, diretto da Michele D’Apuzzo, che ha trascinato i presenti in canti e balli con la consueta, naturale, persuasiva euforia.