La mostra Dialoghi intorno a Caravaggio (16 marzo-9 maggio 2023), allestita nella Galleria del Genovese al Palazzo Reale di Napoli, avvia una collaborazione tra il Palazzo Reale e il Museo e Real Bosco di Capodimonte incentrata sul dialogo tra le rispettive raccolte d’arte, entrambe frutto del collezionismo borbonico tra Sette e Ottocento.
L’esposizione ha come fulcro la Flagellazione di Cristo di Michelangelo Merisi detto il Caravaggio, che – pur non appartenendo alle collezioni reali – è un’opera che segnò in modo evidente il corso dell’arte del Seicento, con particolare riferimento alla pittura napoletana. L’opera, di proprietà del Fondo Edifici di Culto e oggi conservata nel Museo e Real Bosco di Capodimonte, si presta in questa mostra a un doppio dialogo, incentrato da una parte sulla fortuna della pittura caravaggesca nelle collezioni borboniche, dall’altra sul trattamento del tema iconografico della Flagellazione, a cui Caravaggio conferisce una dimensione spirituale non allineata sui principi della Controriforma cattolica sottolineando la condizione umana, sovrapponendo due episodi della passione, la flagellazione, l’Ecce homo e l’iconografia del Cristo alla colonna.
La mostra, curata dei direttori dei due musei, Mario Epifani e Sylvain Bellenger, espone 15 opere negli storici ambienti di collegamento tra il Palazzo e il Teatro di San Carlo, con due importanti novità.
Per la prima volta vengono esposti insieme 7 dei 118 dipinti acquistati nel 1802 a Roma da Domenico Venuti per conto di Ferdinando IV di Borbone, con lo scopo di ampliare le collezioni reali e il patrimonio delle residenze borboniche spogliate dalle milizie francesi. Venuti, che aveva già conquistato la fiducia del re come direttore generale degli scavi del Regno e direttore della Real Fabbrica della Porcellane che succede alla Manifattura di Capodimonte, descrisse gli autori delle sette tele esposte in questa mostra in un documento (oggi conservato all’Archivio di Stato di Napoli), indicando alcuni di loro come “scolari di Caravaggio”.
Un’altra prima volta è quella dell’esposizione della Santa Prassede dai depositi del Palazzo Reale, acquistata da Venuti come opera di Valentin de Boulogne e ora assegnata un anonimo pittore caravaggesco, dal momento che l’attribuzione al pittore francese non risulta attendibile. Questa mostra offrirà agli studiosi la possibilità di approfondire l’argomento e motivo di studio sarà anche l’osservazione di una lacuna presente al centro della tela, all’altezza della mano che stringe la spugna. Accanto al dipinto sarà esposta una riproduzione che ricostruisce la porzione mancante sulla base di un’ipotesi elaborata dalle restauratrici del quadro e dai restauratori di Palazzo Reale.
La storia della quadreria di Palazzo Reale è strettamente interconnessa a quella della pinacoteca di Capodimonte e i curatori hanno scelto di tracciare il percorso di visita in due sezioni.
La prima parte della mostra, curata dal Palazzo Reale, è incentrata sul collezionismo, con l’esposizione dei sette dipinti caravaggeschi, mentre la seconda ha un carattere iconografico, scelto dalla direzione del Museo e Real Bosco di Capodimonte, proponendo un confronto sulla rappresentazione del tema della Flagellazione e dell’Ecce homo da parte di diversi artisti tra il XVI e il XVII secolo, culminando con la Flagellazione di Caravaggio.
Il percorso di visita inizia nel corridoio di collegamento tra l’Appartamento di Etichetta e il Teatro di San Carlo, in cui l’attenzione si concentra immediatamente sul San Giovanni Battista, una copia antica (attribuita a Bartolomeo Manfredi) del dipinto di Caravaggio oggi conservato al Nelson-Atkins Museum of Art di Kansas City. L’opera è talmente fedele (anche nelle dimensioni) alla tela di Caravaggio che il pittore Tommaso Conca, in un elenco del 1803 per Ferdinando IV, la riconobbe come “originale”. Nel corridoio sono poi esposti il San Giovanni Evangelista a Patmos recentemente riconosciuto come opera autografa di Antiveduto Gramatica, il Ritorno del figliol prodigo di Mattia Preti e il Gesù tra i dottori di Giovanni Antonio Galli detto lo Spadarino (gli ultimi due restaurati per questa mostra); sulla parete di fondo campeggia lo splendido Orfeo di Gerrit van Honthorst. Nello stesso ambiente è presente anche la riproduzione di un documento dell’Archivio di Stato di Napoli, nel quale sono elencati alcuni dei dipinti acquistati a Roma da Venuti.
Nella prima sala è esposta l’inedita Santa Prassede di anonimo pittore caravaggesco, accanto a una riproduzione del dipinto di Johannes Vermeer raffigurante lo stesso, raro soggetto iconografico; il dipinto di Palazzo Reale, restaurato per l’occasione, è messo a confronto con la fotografia scattata prima dell’intervento e con una rielaborazione digitale che propone un’ipotesi di ricostruzione della lacuna. Chiude questa prima sezione il San Rocco di Carlo Saraceni.
Dalla seconda sala inizia una riflessione sull’iconografia della flagellazione e l’interpretazione dei Vangeli, un invito all’analisi della pittura dal punto di vista iconografico e spirituale, con soggetti legati a diversi momenti della Passione: la Flagellazione, l’Ecce homo e il Cristo alla colonna. Due le sculture in mostra: il settecentesco Ecce homo scolpito in legno e dipinto, concesso in prestito dalla Deputazione della Reale Cappella del Tesoro di San Gennaro e il Cristo alla colonna intagliato in avorio da Alessandro Algardi, di Collezione Farnese. Completano l’esposizione un Cristo alla colonna del Moretto da Brescia di Collezione Farnese, un Ecce homo di ignoto pittore ispano-fiammingo del Cinquecento (in passato attribuito a Jacopino del Conte), di Collezione Farnese o Borbonica, e un dipinto dello stesso soggetto di Battistello Caracciolo, acquisto di Stato.
Nella terza sala sono esposte tre diverse interpretazioni pittoriche seicentesche del tema della Flagellazione: un dipinto dell’ambito di Leonello Spada (detto la “Scimmia di Caravaggio”) di Collezione Borbonica, la famosa tela di Battistello Caracciolo e finalmente la grande pala dipinta da Caravaggio nel 1607 su commissione della famiglia de Franchis per una cappella della basilica napoletana di San Domenico Maggiore, capolavoro della mostra, spostato per l’occasione dalle sale della Reggia di Capodimonte a quelle di Palazzo Reale.