E’ l’unica scommessa che accetto di giocare, sicuro di non poter perdere: punto sui giovani, meglio se affamati, sanamente arrabbiati. Come i nostri, i veri Lumi della Torre, la speranza più fondata per uscire da un guado nel quale rischiamo di affondare. Vanno stimolati, come si usa con i fuoriclasse. Leggerete sul numero di TorreSette del 4 novembre 2016 del lodevole tentativo ideato da Lucia Muoio e realizzato dal Centro Nicolò D’Alagno di Vincenzo Marasco: un’occasione, non consueta, di coinvolgere i giovani su temi locali spesso trascurati.
E’ stata una sfida (vinta), per dimostrare che si può pensare in grande anche guardando a Torre Annunziata, alle sue ricchezze, ai suoi problemi, alle soluzioni. Senza conoscenza critica del passato non potrà mai esserci progettazione del futuro: conclusione e sintesi perfetta di quel che è stato fatto nelle due giornate di studi investite per dimostrare che Torre è una città che si può ancora ridisegnare, senza tradire né la sua storia, né le aspettative di chi ha deciso di viverci. E vivere non è solo sopravvivere: è il concetto, la grande verità da cui ripartire per inseguire il miraggio di un nuovo rinascimento, sempre possibile.
Io, i giovani d’oggi, un po’ li invidio: soprattutto per le possibilità che (teoricamente) esistevano anche per noi ragazzi degli anni 70, ma noi eravamo incapaci di comprenderne l’importanza. Per noi la metropoli era Napoli, le tentazioni di fuga si fermavano lì, il resto del mondo appariva troppo lontano per considerarlo meta raggiungibile. Non tutti, però: Michi Del Gaudio andò a Pisa – Università Normale – e visse la grande differenza: provò anche a trainare qualcuno di noi, imbattendosi in rifiuti che ora sembrano ancora più inspiegabili. Scegliemmo i compromessi più comodi (casa, mamma, amore, litoranea e Savoia) piuttosto che allargare i nostri orizzonti, rafforzare le nostre esperienze. Non so che cosa sarebbe cambiato se avessimo fatto altre scelte, che cosa sarebbe cambiato per Torre Annunziata. Forse nulla, ma almeno avremmo anticipato la nostra conoscenza della vita fuori di qui.
Per loro, per fortuna, è tutto diverso: hanno viaggiato molto più di noi; hanno informazioni più diffuse, dove teoria e pratica sono meno distanti di quel che accadeva ai nostri tempi; hanno un attaccamento alla città meno viscerale e più consapevole. Sono distanti quanto noi dalla politica locale, e questa falla – a pochi mesi dall’elezione del nuovo sindaco – un supercorso di Storia patria non potrà mai ripararla. Ma scommettiamo tutto su di loro: abbiamo disperato bisogno che i Lumi illuminino la Torre.
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