Il nuovo anno almeno è partito con una certezza. Prepariamoci: la città diventerà un immenso cantiere, dal Porto alle pendici del Vesuvio. Questi sette chilometri quadrati che custodiscono il nostro passato, le nostre speranze, le nostre illusioni e, ahinoi, le nostre delusioni, fortemente rischiano di essere ridisegnati. Migliorati e resi più vivibili di quanto non lo siano mai stati. Anche la Salera, spazio misconosciuto alla maggioranza dei torresi e ricchezza potenzialmente immensa. Sarà un successo, soprattutto se pubblico e privato riusciranno a sincronizzarsi, l’effetto potrebbe essere sorprendente anche per i più scettici. Io non appartengo a questa categoria; proprio durante la pausa natalizia, con un gruppo di emigranti ci siamo ritrovati a elencare i progressi che noi turisti-non-per-caso riscontravamo rispetto alla città che qualche decennio fa avevamo lasciato. Non erano discorsi da orbi o da innamorati pazzi: le cose da fare restano tante e non si esauriranno con i cantieri dei lavori in corso o di prossima realizzazione. Ma la salita ora appare meno ripida.
Occorrerà una regia unica o, meglio, un maestro del coro che eviti le stecche e faccia andare tutti a tempo. Ecco perché non vorrei già sentire sfilare il rosario delle lamentele. Non succedeva da anni che Torre fosse investita da un simile (e sopportabile) ciclone di opere pubbliche. Successe negli anni 80, dopo il terremoto che più dei palazzi distrusse la fiducia nelle nostre istituzioni. Uscimmo tutti devastati da quella stagione, la disgrazia collettiva che in altre zone della Campania funzionò da involontario volano dell’economia, da noi amplificò i mali e li rese quasi endemici. Così capisco come quel ricordo lontano possa generare sospetti più che aspettative. Ma la coniugazione del verbo fare è sempre più produttiva dell’ozio nel quale siamo poi precipitati per mancanza di finanziamenti e di chi ci aiutasse a ottenerli. Stavolta il problema sarà solo quello di completare i lavori cominciati (o che stanno per cominciare) nel tempo prefissato. E qui che si gioca la scommessa per Torre. E si gioca anche l’onore di chi governa la città. Sedici mesi separano Torre dalla fine di questa Consiliatura, il risultato finale condizionerà anche la lotta per la successione a Giosuè Starita. Chi sta dall’altra parte ha in mano l’arma più potente che la democrazia consegni all’opposizione: il controllo. Finora è stata utilizzata come potere di veto. Interpretazione legittima, ma paralizzante. Adesso non resta che aspettare per vedere che cosa produrranno i cantieri. Se questo 2016 si mostrerà davvero un buon anno, sarà festa grande. Con spettacolo di fuochi (pubblici) aperto a tutti, sulla spiaggia grande.