A cura della Redazione
Sentire la terra che trema, vedere dondolare tutto ciÚ che pende produce strani effetti, a trentadue anni di distanza. Il terremoto non si dimentica, ti scuote la mente e non solo le viscere: le immagini che ormai da due settimane ci trasmettono il disastro dellíEmilia, storie di lavoro che diventano storie di morte, lasciano tracce diverse in chi ha vissuto uníesperienza simile. Come noi campani, costretti a convivere con líeredit di quelle scosse ormai lontane tre decenni.
Vedere chiese secolari sbriciolarsi, campanili crollare, palazzi azzerarsi al suolo, oppure strutture meno ricche di passato accasciarsi come scatole stanche di sopportare quelle sollecitazioni troppo ripetute ha riaperto antiche ferite, stimolando una solidariet vera, intensa come solo puÚ esserla tra chi Ë stato colpito dallo stesso flagello. Sui sussidiari, alle elementari, abbiamo tutti studiato che i terremoti non colpiscono la Pianura Padana, quelle pagine ormai ingiallite assicuravano che lass˘ la sabbia consente di assorbire quegli strattoni assassini. Tutto smentito, negato dallíevidenza di una furia distruttrice senza pari. La scossa in diretta tiv˘, poi, provoca angosce ancora pi˘ profonde, la ripetizione ossessiva della sequenza annulla il respiro, induce uníapnea psicologica pericolosissima.
Ascoltare le giuste proteste di chi ha perso casa, lavoro e pure fiducia nel futuro porta líorologio della memoria indietro nel tempo, quando eravamo noi a protestare per soccorsi che allora arrivarono dopo giorni di attesa: la Protezione Civile, intesa come organizzazione pronta a occuparsi delle emergenze, nacque in quel disgraziato 1980 che lasciÚ dietro di sÈ una scia di insopportabile corruzione e di incompiuta ricostruzione. I segni di quel disastro sono ancora qui, sostenuti da barbacani mai abbattuti, da ponteggi arrugginiti eppure mai rimossi. Una realt incredibile da raccontare, eppure autenticamente reale, anche oggi.
La gestione del patrimonio immobiliare resta ancora precaria, le vicende che troverete raccontate in questo numero di TorreSette lo testimoniano. Non serve un terremoto per rendere inagibile una scuola o non percorribile una strada diventata da 5 anni una frontiera insuperabile. CíË tutta uníItalia da ricostruire: quella che stiamo vedendo crollare sotto gli obiettivi delle telecamere e quella che da troppo tempo si sta distruggendo sotto i nostri stanchi occhi.
MASSIMO CORCIONE