A cura della Redazione
Sarà per il sole che finalmente riscalda, sarà per quello slancio di ottimismo che solitamente segue linverno, ma la voglia di mare e di vacanza sta impadronendosi di tutti noi. Non sarà una bellissima estate, soprattutto non sarà unestate ricchissima, vista la crisi che non ci abbandona ormai da anni. Potrebbe essere una straordinaria stagione se si avverasse la previsione che solo un mese fa somigliava a una inoppugnabile certezza: la messa in funzione del collettore e quindi il definitivo varo a pieno regime del depuratore non possono tornare a essere solo ipotesi.
Lestate e il mare sono i temi dominanti di questi giorni, anche se apparentemente sono sullo sfondo delle storie che raccontiamo. Un progetto per la riesumazione (brutto termine, ma calzante) del Santa Lucia e il ripristino del ponte che unisce due tratti di via Sepolcri. Sono due degli sconci che esibiamo da anni, delle anomalie che impediscono a Torre Annunziata di essere un paese normale. Se di solito la normalità è noia, la nostra anormalità tende alla depressione. Eppure dobbiamo uscirne, altrimenti finiremo per sprofondare. Lelenco delle cose non fatte produce un effetto devastante: sapere come potevamo essere contrasta violentemente con la fotografia di come siamo.
Ma interessa soprattutto la risposta a unaltra domanda: come saremo domani? Città fantasma è la previsione scontata dei torresi pessimisti alla quale io almeno non voglio arrendermi. Lo spazio per un riscatto, per una rinascita ancora ci sono. Deve cambiare latteggiamento un po disfattista che sta condizionando la nostra vita. Dentro abbiamo tutti una gran voglia di sorridere, di far festa: i tremila accorsi allo stadio una settimana fa per salutare la promozione in Eccellenza del Savoia ne sono un segnale inequivocabile. Perché mai i tifosi di una squadra che appena un decennio fa era in serie B avrebbero dovuto trovare lentusiasmo per essere tornati nella serie A
regionale? Proprio per il piacere della festa, quella che manca da troppo tempo per altri obiettivi quasi irraggiungibili. Il lavoro, per esempio, continua a essere un miraggio, come lemigrazione resta una costante inevitabile nel futuro dei ragazzi. Eppure, lo ripeto, si può ancora cambiare rotta. E il mare può aiutarci. Forse non basta solo crederci, la fede si scontrerebbe contro un muro di gelosie, di inefficienza, di burocratiche complicazioni, anche di atavici pregiudizi. Occorre agire. Il tempo delle parole (e delle critiche pregiudiziali) è finito. Chi ha unidea per Torre si faccia avanti.
MASSIMO CORCIONE