A cura della Redazione
Quando cera lui
Quante volte sarà stato nominato Luigi Matrone negli ultimi giorni, quanti aneddoti saranno stati ripescati nella memoria collettiva sulla sua esperienza di sindaco prima e di deputato poi, quanta nostalgia avrà ammantato ricordi ormai lontani. Lelogio funebre è il genere più praticato nella retorica, ma parlar male delluomo Matrone sarebbe comunque impossibile. Lomaggio che Giorgio Napolitano gli fece nel giorno dellottantesimo compleanno rappresentò la forma più esplicita di rispetto verso chi ha perfettamente interpretato il ruolo di primo cittadino anche quando la Grande Politica lo cooptò a Roma. Negli annuari parlamentari si ricorda che nella ottava legislatura repubblicana subentrò a Giorgio Amendola, uno dei padri del comunismo italiano, leader storico di quel PCI che a Torre Annunziata aveva una sua roccaforte storica e inespugnabile. Quella staffetta dovette inorgoglirlo e insieme atterrirlo, ma limbarazzo durò un attimo, poi cera da continuare il lavoro per il quale gli elettori lo avevano scelto: difendere gli interessi della sua circoscrizione, della sua città. Non è il momento dellanalisi, della valutazione sullopportunità di scelte fatte allora e che ancor oggi ci condizionano, però un tributo allonestà del politico è molto più che doveroso. Ha vissuto in prima fila la stagione delle lotte sindacali, ha dovuto sopportare la trasformazione in holding della vecchia delinquenza, ha gestito da Roma lemergenza terremoto, ha assistito da testimone al ciclone tangentopoli che investì anche Torre. Letto così, mi rendo conto che sembra un elenco di sofferenze, ma attraversare quei quarantanni da protagonista non deve essere stata una passeggiata di salute. Lo ha fatto camminando sempre in compagnia dei più deboli. Ecco perché esistono almeno mille ragioni per dirgli grazie, soprattutto ora che la Grande Politica ci nega anche un solo rappresentante in Parlamento. E successo già nellultima legislatura, lassenza di una voce che gridasse la nostra indignazione sè sentita. Non sedere là dove si decidono i nostri destini di italiani pesa, è un handicap insopportabile al quale non riusciremo a rassegnarci. Qui non si invocano padrini, di quelli non si sente assolutamente la mancanza, ma basterebbe qualcuno che pronunciasse pure solo il nome di Torre Annunziata, tanto per testimoniare la nostra condizione di negletti, di abbandonati. E invece solo silenzio. Se nessuno grida, nessuno ci ascolterà. Ma non rifugiamoci nel più comodo dei luoghi comuni, evocando quando cera lui
Lonorevole non gradirebbe.
MASSIMO CORCIONE
DIRETTORE SKY SPORT