Firenze, 19 giugno 1944, esattamente ottant’anni fa, Chiasso del Buco, buia e asfittica viuzza vanamente tesa verso la luce rinascimentale di Piazza della Signoria distante solo pochi passi. Un colpo di pistola vigliaccamente esploso a bruciapelo da un repubblichino fascista appartenente alla famigerata banda Carità, spegne la vita di Rocco Caraviello, partigiano dei G.A.P., gruppi di azione patriottica, trentotto anni, figlio di Ciro e Anna Avitabile, nato il 21 Ottobre 1906 al civico 54 di un altro vicolo, quello detto dei Panifici nella nostra Torre Annunziata.
Due giorni dopo, il 21 di giugno, altri militi fascisti, dopo averli sottoposti a torture inenarrabili, passano per le armi la moglie di Rocco, Maria Penna, madre di quattro bambini, staffetta partigiana, una seconda gappista fiorentina di origine scozzese, Mary Cox, e Bartolomeo Caraviello, cugino di Rocco.
Questi i fatti nella loro scarna essenzialità, queste le figure più volte ricordate dalle pagine di questo stesso giornale, ma i cui nomi meritano ancora e sempre il giusto risarcimento della memoria che ha il dovere di non sfaldarsi. Riconoscenza doverosa quella dovuta a questi figli del popolo torrese, testimoni della sua antica tradizione operaia e antifascista, ma che al di là di targhe e commemorazioni, deve tradursi in impegno civile, partecipazione, responsabile senso di appartenenza. Questo valga soprattutto per quanti, proprio in questi giorni, si accingono ad assumere gravose e importanti responsabilità politico-amministrative: non ne dimentichino i nomi.