Incontriamo la scrittrice oplontina Carola Flauto a casa sua, luogo da lei stessa definito: “il suo sogno”, una piccola “isola incantata” alle pendici del Vesuvio, in cui, fin da subito, si è travolti dal suo “essere” libero, accogliente, malinconico, curioso ed intellettualmente stimolante.
Iniziamo la nostra conversazione “al cucchiaio”, mentre giriamo lo zucchero nel caffè, tessendo quella “tela” che le ha visto accreditarsi una nomination per il “Leone d’Oro della Pace”, nel circuito del “Gran Premio Internazionale di Venezia” ed un “Riconoscimento Speciale per meriti professionali” dalla Regione Lazio per il suo impegno civile.
“Sono una donna ammalata di meraviglia e nostalgia, due cose che ti aiutano molto a scrivere - afferma la Flauto -. La meraviglia, perché vivo tutto come una nuova scoperta; la nostalgia che ti fa guardare al passato come qualcosa su cui fondare le radici del futuro e piantare bene i piedi nel presente” .
E’ da qui che la “tela” pian piano prende forma. L'autrice ci mostra i lavori nati dai laboratori di scrittura “la fabbrica delle storie”, progetto che porta in giro nei luoghi più ai margini e a rischio.
Le chiediamo come sia nata “la fabbrica delle storie”: “La fabbrica delle storie - dice - si ispira al pensiero di Bruner, psicologo statunitense, il quale affermava che la scuola doveva essere per l'appunto una fabbrica di storie. Un progetto nato cinque anni fa ma che racchiude in sé tutta la mia esperienza lavorativa in qualità di docente” .
Una donna i cui “fari”, intellettualmente parlando, sono stati Italo Calvino e Gianni Rodari: “Calvino per la sua leggerezza, per il paradosso e l’assurdo, Rodari per il suo modo di dire le cose, anche dure, usando l’ironia” .
“La mia prima esperienza, in una scuola del rione Sanità a Napoli, è stata la fonte ispiratrice del mio primo lavoro - continua la scrittrice di Torre Annunziata -. La chiave magica, perché mi resi conto che per i bambini di quei luoghi la prima lingua è il dialetto, quindi dovevo approcciarmi all’italiano come un L2 (seconda lingua) alla stregua dell’inglese. Avevo bisogno di trovare una chiave che mi permettesse di entrare nella loro testa e far capire loro l’importanza del parlare bene, così pensai di illustrare le sillabe, farle diventare personaggi che vivevano una storia all’interno della grammatica fantastica. Da questa esperienza ho capito che forse era giusto che io scrivessi” .
Un libro, questo, che ha fatto da apripista ad una lunga serie di lavori, uno su tutti “Miriam zzz”, una riflessione sulle minoranze, diffuse sotto forma di favola. Un volume che ha avuto un grande successo, scritto anche in inglese, reperibile perfino nella Biblioteca dell’Università di Oxford.
“Da questo momento in poi ho iniziato ad esplorare mondi nuovi, sperimentare sul campo, ho lavorato con i bambini Rom di Barra, ho partecipato ad un progetto in Africa, in Mali, per l’inserimento delle bambine nelle scuole coraniche, un’esperienza che mi ha portato nel mondo della cooperazione e dello sviluppo, della solidarietà, contro l’etnocentrismo, perché le differenze sono una risorsa” .
Vincitrice nel 2006 del Premio Elsa Morante Ragazzi con il libro “La Profezia di Arcadueò”, trasposizione narrativa della sua battaglia per il diritto all’acqua, riguardo la sua nomination, le chiediamo come sia stata scelta. “Sono stata indicata a mia insaputa alla Commissione del Leone d’Oro da un amico, Sergio Sparice, che conoscendo la mia storia mi ha segnalata alla dottoressa Rosa Praticò, presidente dell’Associazione l’Officina delle Idee” .
In battuta finale le chiediamo come riparte dopo il premio ed un augurio per il futuro: “Da oggi continuiamo quello che c’era ieri, mi auguro che ritorni un po’ di consapevolezza in questo mondo e si ricominci a respirare aria di Pace. Le guerre non si possono prevenire ma evitare, bisogna cominciare ad evitare che nascano nella testa delle persone”.
Le parole hanno in sé la forza dell’esistenza, possono essere distruzione e salvezza. I libri aiutano a pensare, a formare un proprio pensiero, ad approfondire ed esplorare le curiosità non fermandosi alla “facciata”. La letteratura ha un forte valore sociale, ti aiuta ad analizzare la vita. Impariamo ad usare la cultura come baluardo di cambiamento, per la Pace, come valorizzazione delle diversità. Andrea Camilleri ha dato una risposta concisa a tutto questo: “non bisogna mai avere paura dell’altro perché tu rispetto all’altro sei l’altro” .