Anche quest’anno si è svolta l’annuale campagna statunitense di studio e ricerca denominata “The Oplontis Project”, condotta presso i siti archeologici di Torre Annunziata dal team di studiosi coordinato dal prof. John R. Clarke e dal prof. Michael L. Thomas, entrambi docenti della Facoltà di Storia dell’Arte dell’Università del Texas in Austin, su concessione della Soprintendenza archeologica di Pompei.
Ormai sono undici anni che gli americani concentrano la loro attenzione sul nostro patrimonio e ad ogni campagna di ricerca, dallo studio dei sedimenti stratigrafici e ai reperti recuperati durante i saggi di scavo, le novità scientifiche non si sono mai fatte attendere, tanto da andare ad arricchire maggiormente il già vasto repertorio di informazioni che riguarda il sito archeologico di via Sepolcri.
Le indagini di scavo, per il quarto anno di seguito, hanno riguardato la Villa “B” appartenente un tempo al mercante Lucius Crassius Frugi. L’area è stata trasformata, durante le tre settimane della campagna di ricerca 2016, in un vastissimo e attrezzato laboratorio scientifico a cielo aperto. Sul luogo, sotto la direzione scientifica del dr. Ivo Van der Graaf, membro del Dipartimento di Arte della National Gallery of Art di Washington, un folto gruppo di studenti e studiosi volontari, di cui una buona parte di essi provenienti dal Regno Unito e aderenti alla fondazione “SWAT archeology” (Swale thames survey company) diretta dal dr. Paul Wilkinson, hanno praticato vari saggi in diversi punti dell’area archeologica, continuando le rilevazione e la mappatura delle realtà architettoniche preesistenti intraprese già durante le scorse campagne.
Inoltre sono proseguite le operazioni di inventario dell’immenso corredo di manufatti di vario genere rinvenuto durante lo scavo del sito, tra cui un’infinità di anfore. E proprio riguardo a queste, la cui consistenza è davvero importante, sotto la supervisione scientifica della dr.ssa Jenny Muslin, si sono portate avanti le analisi microscopiche e la catalogazione delle argille che le compongono, quindi la relativa percezione della loro provenienza e la schedatura scientifica di quelle reperite in modo integro, condotta da un team universitario californiano.
Annesso allo studio delle anfore è proseguito quello delle ceramiche e dei marmi, quest’ultimi elementi curati dall’archeologa dr.ssa Rita Scognamiglio di Torre Annunziata, a cui poi ha fatto seguito l’opera di catalogazione digitale. Ma le operazioni di ricerca non si fermeranno di certo con il concludersi della campagna sul campo.
Il lavoro di sviluppo delle informazioni reperite continuerà presso le sedi accademiche di ogni singolo componente della campagna, ed impegneranno i ricercatori fino alla campagna del prossimo anno. Infatti sarà compito di questi ultimi, durante l’arco dell’anno che seguirà, trascrivere quanto si evincerà dalla lettura dei dati stratigrafici e dall’attenta analisi, anche di laboratorio, di ogni minimo indizio scientifico rinvenuto presso il sito.
Proprio a tal riguardo, entro la fine del 2016, il programma del team statunitense prevede la pubblicazione del secondo volume, un formato e-book di libero accesso dalla rete, edito dalla ACLS Humanities eBook, con cui verranno resi noti gli ulteriori sviluppi degli studi su Oplontis portati a termine dai membri e collaboratori del “The Oplontis Project”.
E ancora il “cantiere” Oplontis non si ferma qui. Proprio in seguito all’interesse mostrato dagli statunitensi, fotogrammi del nostro sito archeologico, rappresentati da una parte del suo variegato e prezioso corredo di reperti, continuano ad attrarre oltreoceano visitatori, studenti e curiosi, presso la mostra allestita quattro mesi or sono alla Michigan State University, e che tra qualche giorno emigrerà alla volta della Montana State Univerity dove già da tempo si attende con entusiasmo l’arrivo di “Oplontis”.
In merito il prof. John R. Clarke, promotore insieme alle direzione degli Atenei americani che stanno accogliendo i reperti oplontini, si è mostrato più che entusiasta del successo che sta avendo negli States questa nostra pagina di storia.
Durante una conferenza svoltasi presso l’auditorium di Pompei, in cui si è trattata la tematica degli sviluppi scientifici del “The Oplontis Project”, ha asserito che ciò che sta avvenendo negli Stati Uniti deve non solo rappresentare un veicolo di conoscenza per questo straordinario sito archeologico ma anche un modo per far deviare flussi turistici presso una meta poco nota e spesso offuscata dalla grandiosità della vicina Pompei.
Insomma, da questo si spera che anche Torre Annunziata possa trarne in futuro i dovuti benefici. Sempre, però, che la città rafforzi le proprie capacità di accoglienza. Ancora il prof. Clarke, dopo aver visitato insieme ad altri membri del “The Oplontis Project” l’esposizione allestita presso Palazzo Criscuolo, ha manifestato tutta la sua soddisfazione, plaudendo all’impegno di chi è riuscito ad organizzare la mostra anche per le qualità storico-architettoniche del luogo scelto per l’allestimento.
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