A cura della Redazione
Le eccellenze della nostra città. Spesso vengono relegate tra le notizie di secondo piano perché una scala di priorità non suffragata da alcun codice deontologico, ha convinto gli organi dinformazione che sono le cosiddette emergenze a conquistare la priorità di pubblicazione. Eppure Torre Annunziata annovera una serie di iniziative, soprattutto nel versante culturale, che meriterebbero una visibilità diversa e profonda. Noi di TorreSette la compagnia teatrale I Senzartenèparte labbiamo praticamente adottata fin dai vagiti iniziali per motivi molto semplici: la forza di volontà, la voglia di misurarsi con il palcoscenico, il bisogno di migliorare il presente di questi giovani rappresentano valori assoluti (e non aggiunti) che necessitano di testimonianza, fiducia, stima, impulso, incitamento. Dopo anni di abnegazione e sacrifici per loro è arrivata una sorta di consacrazione artistica: recitare al teatro Politeama di Napoli nellambito della terza edizione della "Rassegna del Teatro Amatoriale", organizzata dall´Augusteo. Un importante riconoscimento reso più prezioso dal fatto che lesibizione è arrivata al termine di una selezione effettuata da una commissione formata da attori professionisti. In un teatro vero, dunque, I Senzartenèparte hanno deciso di portare in scena "Johnny Belinda", testo che avevano già rappresentato lo scorso novembre al teatro San Pietro di Scafati. E lo hanno fatto replicando ed amplificando i consensi della prima.
Il teatro è il luogo incantato dove si ritrovano antichi sogni. Antonio Annunziata ricorre ad un aforisma per rivelare lo slancio, il coinvolgimento e limpeto che ispirano la sua passione per il palcoscenico. Unattrazione irresistibilmente fatale la sua che, fin da ragazzino, lo ha proiettato verso quella che lui stesso ama definire eterna favola che ci conserva bambini. Antonio Annunziata è lattore-regista torrese che ha aggiunto la tessera risolutiva per completare il mosaico teatrale denominato I Senzartenèparte. Una compagnia formata da ex allievi del laboratorio teatrale Anita Sorrentino (attivo presso il Liceo Pitagora di Torre Annunziata) che dal 2004 hanno inteso perseverare in un percorso artistico, sviluppando e dilatando lattività con la realizzazione di numerose rappresentazioni. Un tragitto caratterizzato da una progressiva crescita, maturata con ladozione di testi della commedia comica tradizionale napoletana e con qualche incursione tra autori contemporanei come Vincenzo Salemme. Il ruolo di Annunziata, nellambito di questa progressiva evoluzione, non è rimasto confinato nel perimetro della cabina di regia, ma è risultato fondamentale per raccogliere unautentica sfida lanciata recentemente dai ragazzi: cimentarsi con il dramma e, soprattutto, con la recitazione in lingua. Nasce così lidea di portare in scena Johnny Belinda, tre atti del drammaturgo statunitense Elmer Blaney Harris. «Un test probante sottolinea Antonio Annunziata nato dallesigenza di questi giovani di misurarsi con unopera inusuale per la tipologia di lavori finora realizzati e che di fatto ha inaugurato un loro nuovo percorso artistico». Un lavoro da sempre annoverato tra quelli tosti, di difficile impatto che tratta argomenti delicati come lhandicap fisico sovrapposto alla violenza, allignoranza, allamore, al dramma di una comunicazione condizionata dal vivere una condizione da figlio di un Dio minore. Uno stato dallapparente quanto irreversibile inferiorità esistenziale che lincalzare dei colpi di scena della vicenda riesce poi a convertire in un messaggio non solo di speranza, ma di vita autentica. La preparazione della commedia aveva trasmesso ai giovani componenti della compagnia preoccupazioni, insicurezze, smarrimenti. Sentimenti attribuibili alla sfera dellincertezza che si materializzavano dopo aver deciso di utilizzare un varco per lingresso in palcoscenico molto complesso e, soprattutto, diverso da quello più familiare e semplicistico della farsa in dialetto. Diffidenze, trepidazioni e batticuori (se vogliamo, anche da parte del pubblico), invece, si sono magicamente dissolti davanti ad una messa in scena severa, attenta e convincente dove è emerso, inconfutabile, il lavoro di una regia scrupolosa che è riuscita a capitalizzare le indubbie qualità dei singoli a beneficio di uno spettacolo gradevolmente attraente (e non è poco per un dramma). Uno standard interpretativo di buon livello raggiunto dai ragazzi de I Senzartenèparte grazie allabnegazione e ai sacrifici ai quali si sottopongono. Su tutti si è imposto prepotentemente il personaggio difficile, intricato ed emozionante di Belinda, magistralmente interpretato da una sontuosa Marella Solimeno.
GIUSEPPE CHERVINO
Dal settimanale TorreSette del 25 novembre 2011