Emergono ancora meraviglie dagli Scavi di Pompei: scoperta, intatta, la stanza degli schiavi stallieri nella villa patrizia di Civita Giuliana.
Tre letti di corde e legno con i segni evidenti delle stuoie che li ricoprivano, il vaso da notte ancora accanto ai giacigli, mentre tutto intorno lo spazio è occupato da attrezzi di lavoro, il timone del carro che era subito fuori, i finimenti dei cavalli, grandi anfore accatastate.
Alle porte di Pompei, la grande villa suburbana di Civita Giuliana restituisce lo stanzino occupato da schiavi stallieri, forse una piccola famiglia, ancora incredibilmente intatto con tutto il suo corredo di povere cose.
"Una scoperta eccezionale, perché davvero è rarissimo che la storia restituisca i particolari di queste vite", illustra appassionato il direttore del Parco Archeologico Gabriel Zuchtriegel.
E anche il ministro della cultura Franceschini applaude, "dettagli sorprendenti, che permettono di compiere significativi passi avanti nella ricerca scientifica e che fanno di Pompei un modello di studio unico al mondo", dice.
Nella stanza le tre brandine sono disposte a ferro di cavallo e hanno misure diverse, la più piccola, non più lunga di un metro e quaranta, destinata a un bambino. L'aspetto è quello di mobili essenziali, semplicissimi, "più che letti brandine", dice il direttore. Costruiti con ingegno, però, con un sistema di modularità che permetteva di allungare o accorciare il giaciglio, a seconda dell'altezza di chi lo doveva occupare, quasi un modello Ikea degli antichi.
Niente materassi, solo una pezza di tessuto stesa su una rete di corde che il calco in gesso ha fatto ritornare alla luce con impressionante precisione. E nulla a che vedere con i letti dei signori, sempre dotati di una tavola e di un morbido materasso. I muri sono spogli, nessun colore a parte una macchia di vernice bianca in alto sotto alla piccola finestra, nel punto dove veniva appesa una lucerna.
"Serviva probabilmente ad amplificare il chiarore prodotto dal fuoco", ipotizza Zuchtriegel. Sotto un letto spunta una sorta di cestino forse per i pochi effetti personali, poi una piccola brocca. Chissà, forse conteneva l'acqua per la notte, forse altro, si scoprirà in laboratorio, spiega l'archeologa Luana Toniolo, "quando verranno analizzate tutte le brocche, le anfore i vasi accatastati anche accanto ai letti per capire cosa contenevano".
Un discorso a parte meritano i tanti oggetti da lavoro: appoggiato al letto del bambino c'è proprio il grande timone del carro, era di legno ma il calco in gesso ha fatto riemergere su una parte della forcella una vistosa rappezzatura fatta con lo spago. Al centro del locale, invece, una grossa cassa con gli angoli in metallo custodiva i finimenti dei cavalli, avvolti in una pezza di stoffa. Zuchtriegel scuote la testa, questa stanza ripete, "racconta situazioni di disagio, di precarietà che possiamo riconoscere". (ANSA)