A cura della Redazione

È una Supplica che apre orizzonti di speranza quella celebrata questa mattina, nel giorno solenne dell’8 maggio. Nel 2020 il rito si era tenuto senza “concorso di popolo” e senza pellegrini. Nelle chiese italiane i fedeli non potevano ancora prendere parte alla Messa e dovevano limitarsi ad entrarvi, al massimo, per la preghiera personale.

Quest’anno l’oscurità della pandemia è squarciata da spiragli di luce grazie alle persone che, distanziate nel rispetto delle misure sanitarie in vigore, prendono parte alla celebrazione presieduta, in Piazza Bartolo Longo, dal Cardinale Marcello Semeraro, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. A concelebrare è l’Arcivescovo di Pompei, monsignor Tommaso Caputo, insieme all’Arcivescovo Luigi Travaglino e a tutto il clero della Città mariana.

Ai fedeli, a coloro che sono presenti sul sagrato della Basilica e alle centinaia di migliaia di persone che seguono il rito in televisione, grazie alle emittenti Tv2000 e Canale 21, il Cardinale Semeraro rivolge l’esortazione a non avere paura. Ne ebbe anche la Vergine Maria nel giorno dell’Annunciazione.

«Il timore di Maria è quello di chi si trova davanti ad una svolta fondamentale della vita e il “non temere” dell’Angelo è una chiamata a non lasciarsi bloccare, ma piuttosto affascinare dal nuovo che Dio le sta aprendo. Noi, però, abbiamo paure anche per tante altre cose e non è per caso che l’esortazione divina: “non abbiate paura” ricorre decine e decine di volte nella Bibbia e per le situazioni più varie. Sicché non mancano le domande anche per noi: di cosa ho paura? Perché ho paura? Come reagisco alle mie paure?». Il Prefetto ricorda le parole pronunciate da Papa Francesco nella domenica delle Palme dello scorso anno: «Oggi, nel dramma della pandemia, di fronte a tante certezze che si sgretolano, di fronte a tante aspettative tradite, nel senso di abbandono che ci stringe il cuore, Gesù dice a ciascuno: “Coraggio: apri il cuore al mio amore. Sentirai la consolazione di Dio, che ti sostiene”». Anche la Madonna resta spiazzata all’annuncio che le è stato dato. «A Maria – prosegue il Cardinale Semeraro – Dio fa un dono, il dono di un figlio, ma non le lascia il libretto delle istruzioni, un manuale su come si crescano i figli! L’angelo vola verso il cielo e lei rimane sulla terra, sola col mistero della sua maternità. Che fare? A chi dirlo? Come dirlo a Giuseppe? Come farlo capire in famiglia? Sì, per noi oggi è facile, dopo duemila anni di cristianesimo, dire: dovrà vivere di fede… Ma come? Il come, in questo caso, è sempre lasciato a noi, alla nostra libertà e perfino alla nostra creatività. Non è come avere la carta copiativa. Vivere di fede non vuol dire avere la ricetta per tutti i problemi, ma cercare ogni volta una risposta personale, considerando gli stili di Dio e cogliendo le interpellanze della storia, la storia grande e le nostre storie piccole».

Maria si radica nella fede in Dio e accoglie la sua volontà, ascoltando la voce del Padre nella storia concreta che si trova a vivere. E questo vale anche oggi per i credenti. L’invito del Cardinale è a guardare all’esempio del Beato Bartolo Longo: «Ci domandiamo – si chiede – come e da dove riprendere, dopo questa dolorosissima fase della pandemia? Se lo domandano i vescovi nelle loro conferenze episcopali. Io penso che dovremo ricominciare dalla stessa carità da cui partì il beato Bartolo Longo. È la carità la via nuova da cui ripartire, perché la medesima carità verso il prossimo ha, nella nostra vita di cristiani, una duplice dimensione: quella che traduce la fede e che diventa soccorso, aiuto, opera di misericordia; c’è, poi, la carità che, testimoniata da noi di fronte al mondo, è in grado di introdurre alla fede». La crisi si supera solo curando le fragilità degli altri, senza volgere lo sguardo dall’altra parte, con indifferenza. Tutti insieme.

Il legame tra la fede e la carità, che supera ogni egoismo e contrasta l’indifferenza, è spiegato anche dall’Arcivescovo Caputo che, nel suo saluto introduttivo, ricorda i «centri diurni, case famiglia, luoghi di accoglienza e ristoro per bambini, poveri, persone uscite da dipendenze, dove ogni giorno si sperimenta l’amore evangelico e la cura per il prossimo. La presenza qui in questa piazza delle persone, giovani e adulte, accolte nelle nostre strutture testimonia come fede e carità siano a Pompei due aspetti della stessa realtà, mai disgiunti nella nostra azione pastorale». Fede e carità, da vivere seguendo gli esempi del Beato Bartolo Longo e del Servo di Dio Francesco Saverio Toppi, Arcivescovo della Città mariana dal 1990 al 2001, dei quali sono in corso, rispettivamente, le cause di canonizzazione e beatificazione.

«Qui a Pompei, e non solo – aggiunge monsignor Caputo rivolgendosi al Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi – preghiamo incessantemente perché questi due processi giungano, anche per intercessione della Vergine, a compimento al più presto». Nelle Opere di carità del Santuario si prega ogni giorno anche per Papa Francesco, che nell’udienza generale dello scorso 5 maggio, si era unito spiritualmente ai devoti della Madonna di Pompei, dicendo: «La tradizione popolare dedica il mese di maggio alla Madonna. Vi esorto alla recita del Rosario, con cui la Vergine Maria è particolarmente onorata. A tale proposito, Vi invito ad unirvi spiritualmente alla Supplica alla Madonna del Rosario che si terrà sabato prossimo 8 maggio a mezzogiorno al Santuario di Pompei». Nelle parole dell’arcivescovo Caputo anche il ricordo del giorno storico vissuto il 5 maggio scorso quando è stata inaugurata la nuova porta di bronzo del Santuario, realizzata da don Battista Marello, sacerdote e artista, per celebrare il 120° anniversario della dedicazione della Facciata della Basilica. «La porta – ricorda il Prelato – è un potente simbolo evangelico. È Cristo stesso a definirsi, nel Vangelo di Giovanni, “la porta delle pecore”. Nel nostro Santuario le porte sono braccia aperte, rifugio sicuro per gli uomini e le donne del nostro tempo. Sono accolti dalla Madre, Ianua Coeli-Porta del Cielo, che li accompagna all’incontro con Gesù».