È una Supplica di ottobre per certi versi storica quella che il Cardinale Fernando Filoni, Gran Maestro dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, ha celebrato questa mattina sul sagrato del Santuario di Pompei. Davvero impensabile, fino allo scorso anno, pensare di vivere l’Ora del Mondo, così come la definiva il Beato Bartolo Longo, nel rispetto di norme sanitarie necessariamente rigorose. I celebranti e i fedeli indossano le mascherine, mantengono il distanziamento di più d’un metro dal vicino di posto, igienizzano le mani. Ed è meticoloso il rispetto delle misure adottate dal Governo e dalla Conferenza Episcopale Italiana per vivere la liturgia in piena sicurezza. Poche ore prima della celebrazione si è appresa la triste notizia della scomparsa di Monsignor Giovanni D’Alise, il Vescovo di Caserta che quattro giorni fa, colpito da Coronavirus, era stato ricoverato in ospedale. Era un amico del Santuario, teneramente devoto alla Madonna di Pompei, e, nel corso della celebrazione, si è pregato per lui così come per le centinaia di migliaia di morti causati da un virus, che ha fatto irruzione nella storia dell’umanità e della Chiesa come una prova misteriosa.
Eppure Pompei è chiamata ad essere città della speranza, di un orizzonte di pace in un tempo difficile. «Venire a Pompei – spiega il Cardinale Filoni nella sua omelia – significa venire a una scuola, quella di Maria dove si apprende che cos’è la fede, si impara a pregare e a dilatare il cuore nella carità. Pompei è anche una palestra che ci permette di uscire da una pigrizia spirituale e da una visione della vita arrotolata su se stessa. Qui il respiro di Dio genera la pace interiore, rinnova la speranza, fa comprendere che la fede non è estranea alla storia della vita e a quella del mondo». La stessa Vergine, “Maestra e Madre”, che ha vissuto il dolore del vivere nel mondo, non ne è stata esentata. «Pensiamo – ricorda ancora il Cardinale – alla sua maternità non ordinaria, alla vita con Giuseppe e con il bambino nato da lei, agli anni lunghi e silenziosi di un’esistenza nascosta e semplice in un insignificante villaggio della Galilea, Nazaret; alla vedovanza, all’esodo del figlio per una missione tra odi, incomprensioni e ammirazione suscitati da una predicazione accompagnata da segni prodigiosi; infine, pensiamo alla fine drammatica di Gesù con l’atroce morte in croce di cui Maria fu testimone raccogliendo l’ultimo gemito del Figlio». La Madonna, però, ha il senso dell’eternità, la prospettiva del Regno di Dio, della quale sono spesso privi gli uomini, ad esempio i vignaioli omicidi del Vangelo secondo Matteo, proclamato in questa domenica. Maria ha fede e, in lei, fede e carità diventano una sola cosa. «La mano tesa di Maria – continua il Porporato – che spinge il Figlio ad agire mutando l’acqua in vino, da allora in poi non si è mai più ritirata; anzi preme continuamente sul cuore di Dio a venire incontro alle nostre necessità. Nel rosario Maria si unisce alla nostra cadenzata preghiera, sostenendoci nelle afflizioni e nei mali che ci rattristano: quante guerre e violenze fratricide che rendono infelici anche i sopravvissuti, quante distruzioni; pensiamo alla fame e alle povertà che abbrutiscono e umiliano, guardiamo alle famiglie divise e lacerate per sempre; e che dire della droga che uccide, del consumismo che annebbia la vista, delle tante malattie che ci fanno soffrire? La radice di tutte queste tristezze è nella finitezza umana, ancor più dolorosamente percepite lì dove manca il senso dell’eternità». La Madonna insegna la fede e la carità e Pompei, nel solco del carisma del Beato Bartolo Longo, del quale il 26 ottobre si celebrerà il quarantesimo anniversario della beatificazione, si pone in continuo ascolto della voce di Maria, in modo speciale attraverso la preghiera del Santo Rosario. «La carità dilata il cuore, lo rende sensibile; Gesù stesso non poté esimersi di fronte all’impellente domanda della Madre: fate quello che egli vi dirà. (…). Il mistero della carità dunque continua. Qui a Pompei questo mistero è ben vivo e presente. Io stesso ieri, visitando alcune Opere sociali, sono rimasto edificato, favorevolmente sorpreso di vedere come, attorno a questo Santuario, albero sotto cui tanti vengono a trovare rifugio, ci siano così splendidi fiori. Così dobbiamo riconoscere che, accanto al miracolo del vino, c’è anche quello del pane, lo stesso che permise presso il lago di Tiberiade di saziare migliaia di persone con cinque pani e pochi pesci (cfr. Gv 6, 1-3). Le opere di carità attorno a questo Santuario, parlano di una moltiplicazione senza fine: di una lunga mensa per i poveri, di asili per madri e bambini in difficoltà, di centri per il recupero dalle dipendenze più distruttive e di accoglienza di migranti che giungono attraversando pericolosamente il Mediterraneo».
Pompei è dunque carità. E l’Arcivescovo della Città mariana, Monsignor Tommaso Caputo, lo ha rimarcato ricordando che la Supplica d’ottobre di quest’anno ricorre il 4 del mese, festa di San Francesco d’Assisi, veneratissimo dal Beato Bartolo Longo. «La felice coincidenza tra la festa di San Francesco e la preghiera solenne della Supplica – ha detto il Prelato – mette in luce il forte legame tra il nostro Fondatore e il Poverello di Assisi, come scriveva nel 1992 il mio amato predecessore, il Servo di Dio Francesco Saverio Toppi, religioso francescano: “Bartolo Longo additava in Francesco la figura della Carità, della fratellanza universale e della pace. Quanto si proponeva con le Opere caritative – scriveva Monsignor Toppi – era un ideale che gli veniva ispirato in modo particolare dalla spiritualità francescana. Questa si armonizzava in lui a meraviglia con la spiritualità domenicana in una sintesi perfetta e operosa”». Una carità della quale si sente l’urgenza soprattutto oggi, nel tempo della pandemia, che davvero può essere affrontato solo aiutandosi a vicenda. E della fraternità, lo si è visto nei mesi scorsi, è simbolo il Rosario. «È una preghiera corale – spiega l’Arcivescovo ricordando i mesi duri della chiusura generalizzata – contiene in sé le domande e le richieste degli uomini e delle donne di ogni tempo. È una preghiera che unisce, al di là delle distanze, soprattutto in questo difficile presente che da alcuni mesi stiamo faticosamente vivendo. Durante il lockdown, la preghiera della Supplica, irradiata dai canali social del nostro santuario, ha legato in un’unica catena d’amore milioni di devoti della Vergine di Pompei sparsi in tutto il mondo. Ci ha fatto sentire davvero tutti fratelli, così come ci esorta Papa Francesco, del quale oggi ricorre la festa onomastica e che, appena ieri, sulla tomba del Santo di Assisi, ha firmato l’Enciclica “Fratelli tutti”, sulla fraternità e l’amicizia sociale».
E proprio Papa Francesco, durante l’Angelus, unito spiritualmente a Pompei, ha voluto rivolgere un pensiero di vicinanza ai fedeli raccolti in preghiera nella Città mariana. «Ci rivolgiamo ora a Maria Santissima – ha detto il Santo Padre – spiritualmente uniti ai fedeli radunati nel Santuario di Pompei per la Supplica, e nel mese di ottobre rinnoviamo l’impegno di pregare il Santo Rosario».
Ai fedeli che hanno raggiunto la Città mariana, tra i quali molti diversamente abili che hanno seguito il rito nei posti riservati all’interno della Basilica, si sono uniti centinaia di migliaia di devoti che hanno partecipato, in unione spirituale, dalle loro case seguendo la diretta da Canale 21 e Tv2000.