Sono 1.060 (1.047 scavati fino ai nostri giorni a cui se ne aggiungono 13 rinvenuti nei recenti scavi del Regio V) i corpi senza vita estratti da cenere e lapilli, durante i tre secoli di ricerche nel Parco Archeologico di Pompei.
Lo ha annunciato l’antropologa fisica Valeria Amoretti nel corso di un interessante conferenza a cui hanno partecipato, oltre al professore Osanna (ex direttore generale in attesa di conferma) esperti d’ambito italiano ed internazionale con l’intento mettere mano ad un codice etico sullo studio scientifico e l’eventuale musealizzazione di resti umani, approfondendo le tematiche della loro conservazione e restauro e toccando le corde del sensibile riguardo al trattamento dei resti umani contemperando l’interesse scientifico e culturale di cui in certi ambiti (come l’archeologia) sono portatori. Si è trattato da parte del Parco Archeologico di Pompei e del Museo Egizio di affrontare il delicato compito di gestire resti umani, come quelli dei fuggitivi pompeiani dall’eruzione del Vesuvio del 79 d.c., assicurando per il futuro un alto rispetto etico di questo patrimonio unico. Cosa che, a quanto ha riferito nel suo intervento il professore Massimo Osanna, non era sempre stato fatto per il passato perché gli involucri di gesso contenenti resti umani, che hanno fermato nel tempo l’attimo della morte, erano in gran parte stipati nei magazzini del Parco senza ordine né rispetto e mancava una loro catalogazione.
Un’iniziativa di sistemazione di questo comparto di grande valore scientifico è stata possibile col Piano della Conoscenza che fa parte del Grande Progetto Pompei, finanziato dalla Comunità Europea. Si tratta di un’operazione che ha fatto fronte con le risorse e le competenze necessarie alle urgenti necessità di conservazione e valorizzazione del principale sito archeologico vesuviano. In questo ambito è stato reso possibile il restauro e la catalogazione dei calchi rinvenuti nel Parco Archeologico di Pompei, suddivisi per Regio (quartieri) in cui sono stati rinvenuti, a gruppi o singolarmente. Ora però si deve notare che le aree (come la Regio IV) dove sono stati trovati un numero minore di scheletri, sono le stesse che non sono state ancora del tutto scavate.