Presentazione del libro di Rosanna Sannino “Una vita a metà” (Graus Edizioni) nella sala di rappresentanza di Palazzo de Fusco a Pompei, prima dell’inaugurazione di una mostra fotografica che ha celebrato i 90 anni della città mariana nel Museo d’Impresa. Il garbato dibattito che è seguito alla presentazione dell’opera letteraria della narratrice, docente del liceo “Pascal”, moderato dal critico letterario Luigi Lamberti, ha messo in evidenza l’affetto e la stima della gente nei confronti della professoressa Rosanna Sannino e della sua famiglia d’origine.
L’iniziativa culturale è stata per molti una buona occasione per manifestare vicinanza all’autrice del libro e, tramite lei, alla sua famiglia. Le riferii questa mia considerazione nel corso della mattinata, dopo la presentazione. Replicò con una forma di “cortesia familiare” che rimbalza dal libro, manifestando amicizia nei confronti di Letizia (mia moglie) alla quale, disse, avrebbe volentieri donato una copia. ”Una vita a metà", come attesta il sottotitolo di copertina, è una storia vera. Non è un romanzo. Serve a dimostrare come la vita riesce a superare ogni immaginazione. L’opera è un diario dell’anima. Ha come protagonista Peppino Sannino, nonno dell’autrice e “fondatore” di una saga familiare che ebbe origine da italiani in America (prima a New York successivamente a Los Angeles). Si radicò in un secondo momento a Striano per espandersi successivamente sul territorio di Pompei.
Il racconto è filtrato alla luce della sensibilità d’animo dell’autrice nella ricerca identitaria di sua stessa matrice, con la descrizione di episodi reali di orgoglio e pregiudizi, fortune e drammi vissuti dai Sannino. Nella manifestazione in Comune, sensi di amicizia e solidarietà non sono arrivati solo dalla comunità pompeiana, perché vi hanno partecipato il sindaco di Striano e un componente della famiglia Fabbrocino, che ha fondato e gestito una banca del territorio vesuviano-sarnese, successivamente assorbita dall’Istituto San Paolo di Torino.
Ritornando al protagonista, il personaggio di Peppino emerge con autentica modernità, anche se era il primo '900 quando, a 16 anni, s’imbarcò per l’America, spinto all’emigrazione dall’orgoglio, non dalla disperazione. L’esperienza vissuta del libro fa pensare a tanti giovani di valore dei nostri giorni che emigrano delusi con la speranza di tornare un giorno con la rivincita nel portafogli. La loro è un’aspettativa di riscatto del presente, proprio come è stato per Peppino, dopo 14 anni di permanenza in America, quando dimostrò che si riesce sempre a tornare per riscattare il senso della propria esistenza.
La seconda parte del libro di Rosanna Sannino ha messo in evidenza che il protagonista, insieme ai figli, ha fatto parte del ceto dirigente di Striano, anche se con uno stile di equilibrata modestia. Un motivo in più, per i lettori, di apprezzare il senso di una storia vera.
Riguardo alla “costruzione” dell’opera letteraria “Una vita a metà”, esemplare per la sua chiarezza della scrittura, risalta il parallelismo del flusso incessante delle vicende familiari (sia in America che in Italia) con lo scenario storico di contesto.
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