Non è il primo caso ma fa sempre un effetto macabro la notizia di uno scheletro che è stato profanato, anche se la notizia riguarda un morto di duemila anni fa perché la morte, come diceva Totò, è una cosa seria. Nel nostro caso si tratta di un pompeiano morto mentre cercava di fuggire agli effetti devastanti dell’eruzione del Vesuvio del 79 d. C..
Il direttore generale del Parco Archeologico di Pompei, Massimo Osanna, attraverso Instagram, ha fatto vedere al mondo la foto di uno scempio che solo con le parole non si potrebbe spiegare in un modo migliore. La visione di uno scheletro che è stato profanato dai tombaroli probabilmente, come è successo tante altre volte, per muoversi rapidamente in un angusto cunicolo scavato per depredare la ricchezza archeologica del sottosuolo, oppure per trascinare qualche oggetto voluminoso, oppure ancora per derubare il medesimo cadavere di eventuali monili o altro che aveva addosso.
Non è la prima volta che i profanatori di resti archeologici arrivano prima dei cercatori autorizzati. Se ne sono avute precedenti triste esperienze nella medesima Regio V, dove si scava un altro pezzo della Pompei sepolta per mettere in sicurezza l’area circostante, ed a Civita Giuliana, a nord della cinta esterna del Parco Archeologico, dove uno scavo è stato avviato dalla Direzione del Parco in collaborazione con magistratura ed Arma dei Carabinieri proprio per prevenire il danno irrimediabile che stava cagionando ad una villa nel sottosuolo uno scavo clandestino.
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