Gio Ponti, con la sua visita nel 1934, nella sua rivista Domus, pubblica un articolo "Una villa alla pompeiana" dove viene suggerita la distribuzione dell'abitazione intorno ad un cortile aperto su un lato. L'architetto, durante la Triennale del 1933, affida alla tradizione accademica di Napoli, la costruzione di una casa di chiara ispirazione pompeiana. Nel settore ceramico e non solo, la forza dell'ispirazione derivante dagli affreschi, dalle suppellettili e dagli arredi campani fu tale da percorrere oltre un secolo e permanere con grande appeal nelle creazioni di Ponti per le ceramiche Richard Ginori e l'ex Ceramica D'Agostino, azienda del gruppo Ceramica Francesco De Maio di Nocera Superiore (SA). Attraverso gli insegnamenti del mondo antico e l'ispirazione tratta da Pompei, Ponti, invita gli architetti dell'epoca a ripensare e ad attualizzare la Domus romana e la casa tradizionale, per trasformarla poi nel corso degli anni nella casa mediterranea e, successivamente, "del vivere moderno". Numerosi progetti di ville e di alberghi (i primi alberghi di design a Napoli e Sorrento, nel 1960), hanno dato vita a collaborazioni con artigiani, artisti ed industriali, sino a diventare uno dei massimi esponenti del design e del Made in Italy.
L'incontro culturale dedicato all'architetto-designer Gio Ponti (1891 - 1979), si inserisce in un programma ambizioso quale "Dialoghi Pompeiani", ideato e promosso dal Laboratorio Sensi Linguaggi Creativi di Giuseppe Scagliarini, che interagendo con i progetti istituzionali delle politiche culturali (Comune, Citta Metropolitana, Regione, Mibact), con le associazioni professionali e sociali e con l'imprenditorialità, muove le sue iniziative per affermare il ruolo della cultura come potente strumento di coesione sociale, integrazione, di sviluppo economico e valorizzazione culturale dell'ospitalità; la cultura come diritto, come spazio di civiltà e socializzazione, come crescita e occupazione, come fonte di benessere psicofisico e qualità della vita urbana. Oggi la capacità della cultura è entrare in un dialogo innovativo con i temi più vari, influendo profondamente sui comportamenti, sui nostri atteggiamenti cognitivi e sulle nostre risposte emozionali.
La cultura può aiutarci a fare tutto questo, se cessiamo di concepirla come una forma di intrattenimento un pò nob, per "addetti ai lavori" e iniziamo a considerarla come un fattore fondamentale di cittadinanza attiva. Oggi nella civiltà dello spettacolo si parla a sproposito di cultura. La cultura vista come spettacoli, manifestazioni passatempo o dell'intrattenimento e della distrazione, per riempire le piazze, credendo ingiustamente di aiutare o incrementare l'economia del luogo (ospitalità e ristorazione). Poi, invece, nei periodi successivi l'evento, la "desertificazione" delle attività e dei luoghi pubblici è inevitabile, in assenza di un'offerta culturale adeguata e continua.
Cultura, che dal latino significa coltivare, abitare, avere cura, far crescere, elevare alla conoscenza, trattare con attenzione e con riguardo, onorare, è materia complessa. A tal proposito, gli investimenti in cultura si sono tradotti spesso in sostanziale fallimento, perchè gli organizzatori hanno privilegiato spesso l'offerta a discapito della domanda, curando poco o nulla la promozione alla partecipazione, alla formazione e allo sviluppo di nuovi pubblici. Attraverso la comunità di operatori culturali (animatore culturale, il cultural planner, il manager culturale, il mediatore culturale, l'audience developer), anche in dialogo con il mondo scolastico e accademico, siamo di fronte alla nascita di una nuova ondata di centri culturali "dal basso" che si muovono spesso in modo indipendente, mettendo al lavoro professionalità inedite e generando pratiche culturali diverse da quelle alle quali eravamo abituati. Visto che il sostegno del pubblico conta sempre meno (per scarsità di risorse, per burocrazia, per miopia politica verso i processi di cambiamento in atto nella società), nuove strategie (co-working, centri culturali e spazi ibridi), nuove forme - talvolta armoniche, talvolta conflittuali - di partnership tra pubblico e privato più o meno sociale, costruiscono nuovi spazi per la cultura e la socialità, sbloccando un'immobilità ventennale da parte delle pubbliche amministrazioni (art bonus, credito d'imposta, donazioni liberali, fundraising, crownfunding).
Nel 2016 il Laboratorio Sensi Linguaggi Creativi presentò all'allora Amministrazione comunale il progetto di recupero e riuso di una "scuola dimenticata" di periferia (a cento metri dal Parco Archeologico), da trasformare in luogo della cultura e della creatività per giovani talenti (designer, artisti, fotografi, videomaker, comunicatori, ricercatori, editori, stilisti, chef, enologi) per progetti innovativi e per investire sulla formazione a 360°( soft skill, contaminazione con altri settori e altre culture), ad oggi "lettera morta".
E' fondamentale accrescere le opportunità di espressione creativa nella scuola con modelli innovativi nei programmi di alternanza scuola/lavoro, anche per imprese per tutte le età, così da coniugare il business e la creatività con strumenti efficaci al cospetto di mercati complessi e in continuo cambiamento.
Servono strumenti, politiche, capaci di trasformare le imprese culturali e creative, da "specie protetta" in nuovi protagonisti della società.
Per essere sempre aggiornato clicca "Mi Piace" sulla nostra pagina Facebook.