La perdita subita dal mondo della cultura e dell’informazione con la morte del giornalista Luigi Necco è stata molto sentita a Pompei. Necco, infatti, dal 2002 al 2006 ha lavorato come amministratore dell´Azienda autonoma di Soggiorno, Cura e Turismo della città mariana. Ma all’epoca del suo impegno istituzionale Necco era già molto popolare come personaggio pubblico. In primis come giornalista sportivo appassionato del Napoli di Maradona ma anche e soprattutto come grande amante dell’archeologia. Difatti quasi tutti i vecchi custodi degli Scavi di Pompei lo ricordano giovane giornalista (non ancora impiegato in RAI) che arrivava tra i primi negli Scavi ad ogni nuova notizia di rari reperti scavati dal sottosuolo vulcanico.
L’amore viscerale che Necco nutriva per l’archeologia pompeiana, lo rendeva ipercritico nei confronti degli operatori pompeiani: «Il punto è che il male di Pompei è negli Scavi ma non si esaurisce negli Scavi. I nomi dei custodi di Pompei, quelli che non aprono i cancelli ai turisti, che non tutelano il sito e fanno ammucchiare torme di cani selvaggi anche per disturbare gli spettacoli notturni, sono gli stessi nomi dei bancarellari che serrano in una morsa gli Scavi e che strozzano il turismo». Accusava senza riserva Luigi Necco, che aveva le sue opinioni a riguardo che suggerì al prefetto Profili quando arrivò a Pompei in veste di commissario straordinario del Parco Archeologico, con lo scopo di rilanciarne l’immagine che all’epoca rischiava di essere seppellita dai cumuli di spazzatura che comparivano in tv ogniqualvolta il telegiornale si soffermava su Napoli e dintorni.
Si è trattato di partire con iniziative semplici ma che nessuno aveva fino ad allora mai adottato: costruire nuove fontane e bagni pubblici e conferire un minimo di ordine e decoro al quel microcosmo che opera in piazza Esedra (guide turistiche, tassisti, bancarellari e chiammisti), soprattutto si doveva sfrattare dagli scavi qualche profittatore.
All’epoca, con la Chiesa ed il ceto politico locale, Necco aveva concertato un piano di sviluppo per rilanciare Scavi e turismo. Piano mai decollato. Si trattava di un grande progetto con la valorizzazione dell’edificio dell’Orfanotrofio femminile messo a disposizione dalla Curia utilizzando fondi della Regione per realizzare il grande Museo di Pompei che avrebbe fatto compiere un salto di qualità a tutta l’area vesuviana.
L’iniziativa che invece partì e che fece apprezzare Luigi Necco dagli imprenditori locali fu quella - come ricorda il direttore dell’epoca (Luigi Garzillo) - che servì a convincere il Soprintendente dell’epoca (Guzzo) a riaprire agli spettacoli serali (con finanziamento regionale) al Teatro Grande di Pompei, chiuso dopo le vicende giudiziarie che riguardarono le Panatenee.
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