«Non abbiamo né titolo né l’esperienza per stabilire la natura dell’incendio scoppiato intorno allo scheletro di un albergo mai ultimato del cavalcavia Antonio Morese di Pompei. Possiamo solo dire che in una decina di giorni siamo intervenuti in altri sei incidenti dello stesso tipo». Lo ha spiegato il capitano dei vigili urbani Alfonso Abenante. Una considerazione che si presta ad imbastire materia fertile di legittimi sospetti della popolazione civile di Pompei. Parte di essa ha fattivamente collaborato con Abenante, i suoi colleghi ufficiali e gli altri municipali (tecnici ed operai) impegnati dalle 14 di ieri (11 luglio) per più di due ore a spegnere un pericoloso rogo che si è formato tra le erbacce ed i residui di cantiere di un grosso albergo in costruzione, che è diventato, col tempo, più che altro un rudere indecente, ospitale oramai solo per i senza tetto e le bestie di ogni genere, fornendo anche per questo motivo (oltre al danno d’immagine) motivi e pretesti di polemica alla cronaca locale.
Il fatto è che l’incendio, quando ha preso corpo, è diventato pericoloso, lambendo la recinzione di legno che si è ribaltata sul manto stradale, per cui il traffico è stato naturalmente a lungo interrotto. Le fiamme hanno minacciato anche i fondi agricoli di confine ma il pronto intervento ha scongiurato altri danni. Il forte impegno dei Vigili del Fuoco sul grosso incendio che ha interessato il Parco Nazionale del Vesuvio ha responsabilizzato al massimo i “colleghi” della Polizia Municipale di Pompei, che hanno dimostrato di sapersi rimboccare le maniche al momento giusto.
Poliziotti municipali guidati dai loro ufficiali in servizio (a turno hanno principalmente diretto per il comando Abenante e Pisacane) si sono impegnati al massimo coadiuvati egregiamente da volontari del quartiere “Parco Maria” che hanno dimostrato alto senso di civismo unendosi nell’interesse comune per salvare beni pubblici e beni privati. A proposito di privati, già stamattina era in fase di redazione un’ordinanza comunale che intima agli attuali proprietari dell’area di cantiere edile, fermo da anni, di avviare urgenti opere di bonifica e messa in sicurezza dello spazio intorno al manufatto su cui sono stati trovati pericolosi residui di materiale da costruzione.
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