Il Comune di Pompei spende troppo, gestisce male i soldi dei contribuenti ed incassa poco in fitti, parcheggi e tasse.
Questo è il quadro desolante che viene presentato dalla Corte dei Conti della Campania all’elettorato che dovrà eleggere la prossima classe dirigente di Pompei, facendo implicitamente capire che non dovrebbe essere la stessa che negli ultimi 20 anni ha determinato il disastro finanziario della città.
L’esame annuale (datato 15 dicembre 2016) dei conti, rapportato all’anno 2014, porta a regime la negatività dei bilanci registrati negli anni precedenti mentre non si evidenziano significativi cambiamenti negli anni successivi.
In conclusione, a Pompei, il Comune incassa meno della media dei Comuni della stessa grandezza sui parcheggi, le tasse aggiuntive al reddito personale (Irpef), quelle sulla casa, sulla spazzatura e sugli altri servizi comunali, mentre il costo dei dipendenti risulta superiore alla media.
L’Ente è chiamato a curare (o estirpare) il bubbone della società Aspide mentre la voragine dei debiti fuori bilancio aumenta di anno in anno e dissipa le risorse residue dei cittadini.
E’ un quadro senza speranza per i pompeiani residenti che emerge implacabile da un dettagliato report annuale pubblicato sul sito del Comune di Pompei, in cui sono elencate criticità che vanno dalla negatività del risultato di competenza, alle criticità della gestione dei residui e soprattutto della gestione di cassa dove il ricorso alle anticipazioni di tesoreria è diventato una cattiva abitudine, esorbitante per il portafoglio dei contribuenti pompeiani.
A tutte queste si aggiungono, come ciliegina sulla torta, i debiti fuori bilancio, i costi sostenuti per le società partecipate e le spese del personale. L’Amministrazione comunale di Pompei (all’epoca a gestione targata Uliano, che però ha ereditato le criticità precedenti) ha risposto di aver messo in campo due rimedi (che noi riteniamo risibili): la tassa d’ingresso per i bus turistici e l’eliminazione dell’avviso bonario sulla tassa sui rifiuti.
A questi aggiunge, come difesa del proprio operato, l’antica lagnanza che la città ospita 3 milioni e mezzo di visitatori l’anno tra turisti e pellegrini. Considerazione che ha il suo fondamento anche se è vero che, in mancanza di un aiuto dello Stato, di quei costi dovrebbe farsene carico quel ceto che si procura reddito sui flussi di entrata. Diversamente, se guadagno non c’è tanto vale non farli arrivare a Pompei (i turisti e i pellegrini).
Inoltre c’è da prendere in considerazione la circostanza (non secondaria) che fino a quando Pompei non “partorisce” una classe dirigente degna della sua reputazione, difficilmente incontrerà collaborazione da parte degli Enti superiori a risolvere i suoi problemi.
twitter: @MarioCardone2
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