La Soprintendenza archeologica di Pompei è tornata, nella recente comunicazione ad un organo di stampa, sull’occupazione del suolo in piazza Bartolo Longo precisando di non aver emanato nessuna ordinanza di divieto a riguardo perché la competenza è del Comune.
Da parte sua la Soprintendenza ha ribadito quanto affermato in una precedente lettera indirizzata al commissario prefettizio di Pompei, Donato Cafagna: «Le esigenze di decoro e salvaguardia della piazza del Santuario, interessata da flussi turistici particolarmente rilevanti. esigono scelte da parte dell’amministrazione comunale che assicurino il decoro del complesso monumentale del Santuario di Pompei». Precisa testualmente la dichiarazione dell’Ente archeologico.
«Il fatto che finora siano state avallate concessioni di suolo pubblico in aree che esigono un alto livello di attenzione dal punto di vista della tutela e del decoro - prosegue la missiva -, non può impedire di prendere in considerazione scelte diverse a riguardo, evitando che esse vengano prorogate o reiterate».
La Sopritendenza argomenta che un territorio come quello di Pompei deve puntare prima di tutto ad «assicurare la tutela del patrimonio culturale», volàno di sviluppo economico dell'intera area.
In estrema sintesi, per piazza Bartolo Longo (come per gli Scavi) prevale la tutela ed il rispetto del paesaggio di contesto anche se ciò comporta il sacrificio di iniziative imprenditoriali per il semplice principio che l’interesse di pochi viene dopo quello generale.
La domanda che parte dai pompeiani a questo punto è: “Come mai il Soprintendente Massimo Osanna solo adesso interviene sul decoro di piazza Bartolo Longo?”. La risposta è che la Soprintendenza di Pompei ha assunto con il Decreto Ministeriale n. 44 del 23 gennaio 2016 anche le competenze sul paesaggio e i beni monumentali circostanti l’area archeologica. A riguardo l’Ente ha spiegato: «Su sollecito e di comune accordo con l’amministrazione del Santuario, abbiamo invitato il Commissario Prefettizio Cafagna a rivalutare le occupazioni di suolo pubblico nell'area antistante il Santuario».
In poche parole il Sovrintendente Osanna ha detto la sua sui tavolini dei bar nella piazza principale di Pompei ma è stato il prefetto Cafagna che ha deciso di vietarli.
L’iter decisionale seguito rispetta la procedura del Codice dei Beni culturali che dispone che “i Comuni - sentite le Soprintendenze - individuano le aree pubbliche di interesse artistico o archeologico, nelle quali vietare o sottoporre a condizione l’esercizio del commercio”, rafforzato dal dispositivo del decreto Valore Cultura: “le Soprintendenze, sentiti gli Enti locali, adottano apposite determinazioni volte a vietare gli usi da ritenere non compatibili con le specifiche esigenze di tutela e di valorizzazione”.
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